Giuseppe Ungaretti è stato protagonista indiscusso della poesia italiana del XX secolo. Un vero e proprio colosso.
Nato non in Italia, ma – come Marinetti – ad Alessandria d’Egitto, vive una vita lunga e impegnativa: muore a Milano nel 1970, dopo aver vissuto una quantità infinita di esperienze, tra cui le due guerre mondiali. La costante è sempre la stessa: la poesia, coltivata fin dai primi anni di formazione.
La sua copiosa produzione ha un grande incipit: è L’Allegria, la prima silloge, che contiene componimenti poetici dal 1914 al 1919, suddivisi in cinque sezioni (Ultime, Il Porto Sepolto, Naufragi, Girovago, Prime). La storia filologico-editoriale risulta molto intricata e complessa: vengono dapprima pubblicate singole sezioni (o meglio piccole raccolte che avrebbero poi formato singole sezioni del tutto), quindi la raccolta esce nel 1923 con il titolo Il Porto Sepolto e con prefazione di Benito Mussolini. Dopo varie correzioni e rifacimenti, L’Allegria che – grosso modo – conosciamo è un’edizione del 1931, superata poi da una successiva del 1942.
Ma, al di là delle date, ciò che ci interessa è il contenuto. Siamo di fronte ai caratteri tipici della poesia di Giuseppe Ungaretti: la tragica fatalità della prima guerra mondiale, vissuta direttamente sui campi di battaglia e in trincea; l’identificazione quasi panica del soggetto lirico con la desolazione del paesaggio circostante, il conseguente azzeramento dell’essere, che trova però in sè la forza per riaffermare tragicamente la propria vitalità, mai del tutto sopita e sconfitta; infine, gli splendidi ed improvvisi ripiegamenti nostalgici, nei quali il poeta riporta in superficie il solare mondo dell’Egitto – la patria natìa – nell’estrema pretesa di ricavare dalla propria esperienza un valore assoluto, sacro ed eterno.
Questi sono i miei fiumi
Contati nell’Isonzo
Questa è la mia nostalgia
Che in ognuno
Mi traspare
Ora ch’è notte
Che la mia vita mi pare
Una corolla
Di tenebre
Sono gli splendidi versi de I fiumi, componimento nel quale l’autore crea, con la memoria, un ponte con il passato, nella speranza di ristabilire con la natura quel rapporto che la guerra sembra aver del tutto distrutto.
Commoventi i versi delle poesie nate dalla diretta esperienza del terribile conflitto bellico.
Si sta come
d’autunno
sugli alberi
le foglie
In quattro versi c’è tutta la fragilità della vita di un combattente.
Pura melodia, la poesia de L’Allegria sprigiona un fascino unico: quello di un mondo interiore di chi, minacciato dal nulla, non si abbandona al nichilismo, ma concentra in un punto l’eternità dell’io e dell’universo.