Il noir ha regole non scritte tutte sue e, rispetto al giallo, considera l’indagine non un elemento fondamentale nel contesto del racconto. Quello che viene messo in risalto è piuttosto il ritmo dei dialoghi, tutti duri e spesso infarciti di turpiloqui, le atmosfere cupe e gli ambienti degradati, sia che si tratti di un locale malfamato, di una scalcinata stazione di polizia, di case precarie, sporche con tendenza avanzata al sudiciume.
Inoltre ci sono i rapporti violenti, che tutti intraprendono con tutti, tali da far pensare ad un’intera umanità fuori dell’umano, sebbene con punte di altruismo ed eroismo, che comunque non riescono a riscattare il marcio circostante.
Joe R. Lansdale incornicia tutti i toponimi del genere nel quadro di una periferia americana, che è confine oltre ogni confine, non solo dal punto di vista geografico. I suoi protagonisti sono due detective alquanto inusuali: un bianco che vive una vita priva di scopo, ed un nero che non ha paura di mostrare la propria omosessualità né la propria pelle e di esporle alle persecuzioni di un piccolo paese oltremodo razzista. Lì, i due si recano alla ricerca di una donna di colore, bella e determinata a far luce sulla morte sospetta di un carcerato, anch’egli nero.
Il loro viaggio è come una discesa agli inferi, una corsa precipitosa verso la distruzione, fisica e psichica, consapevoli al tempo stesso di non poter eluderla, proprio perché la posta in gioco è l’affermazione di valori, quali la tolleranza ed il rispetto.
Il libro è una girandola impazzita di colpi di scena, di incontri-scontri dove i corpi subiscono attacchi al limite del sopportabile, dove la materia e i materiali sono densi e pare di sentirne tutti gli odori ed i sapori, di venire in contatto con le escrezioni e le secrezioni.
Poi ci sono le persone: violentemente ottuse come gli esponenti del Klan razzista e persecutorio; vittime come il cuoco nero della locale taverna; opportuniste come la vecchia affittuaria, ed infine disincantate, ma con un senso forte della giustizia come il capo della polizia.
La soluzione finale non è totalmente liberatrice, lasciando una scia di inquietudini difficili da smaltire.
La scrittura di Lansdale è quella di un cavallo di razza, un cavallo che corre su un binario, che contribuisce a creare man mano che la corsa si allunga; le sua capacità di osservazione e di descrizione non sono mai banali, appuntandosi su ogni cosa e su ogni situazione con meraviglioso ed inquietante realismo.