Parlare di una storia d’amore, per la vicenda raccontata da Irvine Welsh in “Una testa mozzata”, sarebbe controproducente e limiterebbe un romanzo così anomalo, sistemandolo nello scaffale sbagliato della libreria. Sicuramente c’entra anche un po’ l’amore, ma non è la forza trainante del racconto e non provoca quella sensazione di fiducia e speranza che accompagna di solito le love story.
Il surreale romanzo dell’autore di “Trainspotting”, infatti, ci accompagna alla scoperta del Fife centrale, in Scozia, mostrandoci le vite arrancanti di giovani uomini e donne già sull’orlo della rovina. Nell’ombra di contesti familiari problematici, il fantino fallito Jason e la cinica ostacolista Jenni trovano una luce comune: la voglia di scappare, di lasciarsi alle spalle la loro vita monotona e angusta, e viaggiare verso la Spagna, descritta come meta quasi leggendaria e idilliaca.
I due sono circondati da personaggi grotteschi che rendono la narrazione prevedibilmente assurda, dando vita ad un susseguirsi di dialoghi e fatti senza dubbio strambi, ma descritti come evidentemente più che normali. Gli ingredienti base di questo romanzo sono quelli tipici e più amati dall’autore: alcol, droga, risse da pub, sesso (e soprattutto discorsi sul sesso). La stessa descrizione dei protagonisti e degli altri personaggi è fatta trasparire dalla narrazione in modo indiretto, quasi un “leggere tra le righe” di caratteri e forme.
La narrazione procede attraverso le voci dei due protagonisti: un capitolo è affidato a Jason, quello dopo a Jenni. Mentre il flusso dei pensieri della ragazza è ordinato, logico, quasi matematico, quello del nostro protagonista procede per libere associazioni a volte incomprensibili, scaglionate da parolacce in gergo e invenzioni lessicali che danno la giusta sfumatura da sobborgo.
La trama procede stancamente, quasi tesa verso un colpo di scena che non vuole arrivare. Viene creata un’aspettativa che, tuttavia, non viene poi soddisfatta: gli sviluppi spesso deludono, srotolandosi mollemente come eventi opachi e scontati. Anche gli eventi che dovrebbero essere eccezionali, a cui dovrebbe essere dato un risalto narrativo, sono inseriti nell’intreccio alla pari di accadimenti secondari: ne risulta un andamento monotono e, alla fine, poco avvincente.