Ci sono eventi capaci di cambiare radicalmente una persona; tra questi, senz’altro, possiamo annoverare la fine di un Amore.
A confermarci che lo stesso tema può essere trattato seguendo diverse angolazioni, ci offre conferma la penna del giovane Ivan Cotroneo nel suo romanzo:”Cronaca di un disamore”.
In queste pagine, l’autore ci guida direttamente nello strazio di un abbandono, conducendo un’autopsia interessante dell’amore morto, studiato proprio come fosse un cadavere.
La storia è assai semplice nella struttura della trama e nell’esposizione, ma diventa più complicata man mano che l’autore affonda nelle viscere del personaggio.
Maurizio ha lasciato Luca. Quest’ultimo non riesce ad accettare la perdita, l’assenza. È un percorso lento, quello del protagonista, che lui stesso detesta; non è consapevole della strada che sta percorrendo un po’ alla volta e ogni giorno, sente solo il dolore.
La trama è piuttosto banale e di fatto tutto è già scritto dalle prime righe. Quello che colpisce l’attenzione e permette al piccolo romanzo di emergere con forza è la verità, la capacità di analizzare la strada che porta al disamore.
Luca ama, sempre e comunque. E fa di tutto per ritornare con Maurizio, lo cerca e lo desidera con l’intensità dei grandi sentimenti, lo aspetta con la voglia di assaporare il corpo imperfetto eppure rassicurante che lo ha fatto stare bene.
Sia innamorati che tossicodipendenti e alcolisti avvertono costantemente un senso di incompletezza, sono consapevoli dell’irrazionalità dei loro comportamenti, ma non riescono a modificarli. Inoltre, l’incontro con una persona da cui siamo attratti causa il rilascio nel cervello di feniletilamina, un composto simile all’anfetamina. L’abbandono invece causa un brusco abbassamento del suo livello, che provoca chimicamente una reazione molto simile alla crisi di astinenza di un tossicodipendente.
Ossessioni, dipendenza, sbalzi d’umore e lacrime. Eccolo quindi l’amore nelle sue manifestazioni più comuni eppure così spesso banalizzato, ignorato per star dietro al ritmo della giornata, gli impegni e il lavoro. Non è così per Luca che davvero sente tutto e non si risparmia.
Combatte, si sporca le mani, tenta.
Giunge però il momento di accettare la fine e voltare pagina; Luca ha bisogno di essere toccato, di sentirsi ancora vivo, per non ripiombare in un abisso che lo ha quasi risucchiato.
E così riesce a innamorarsi di nuovo.
È possibile, però, innamorarsi di nuovo? A questa domanda non risponde con chiarezza neanche il romanzo.
Luca incontra Riccardo, ma è cambiato, è un altro uomo.
Il nuovo amore non sfiora neanche lontanamente l’intensità di quello passato, manca di una componente fondamentale: la voglia di perdersi e la fiducia nel domani.
si chiede perché, se è così sicuro di essere innamorato di Riccardo, se sta così bene con lui, se aspetta ogni sera il momento di stringerlo per addormentarsi, poi invece lo tradisca con così tanta facilità. Non è la prima volta che succede. […] Perché? Solo perché gli piaceva, solo perché era facile e divertente, solo perché, come tutte le altre volte, sarebbe potuto ritornare da Riccardo e riabbracciarlo, sentendosi nuovo, sentendo che non era successo niente. Luca è spaventato dalla facilità con cui il suo corpo sembra potersi concedere tanto, e poi dimenticare tutto subito, ricominciare daccapo, tranquillo e indifferente. E’ spaventato che il suo corpo dimentichi troppo semplicemente, che non senta più cosa vuol dire “per sempre”.
La condanna di Luca è la stessa di tutti quelli che hanno avuto la fortuna di amare e la sfortuna di perdere. Cambia tutto, cambiamo noi.
Tuttavia, la soluzione trovata dal protagonista del romanzo non mi sembra vincente né verosimile: non si può essere davvero innamorati e riuscire a dimenticarsene quando fa comodo, non è un interruttore che possiamo spegnere a nostro piacimento.
L’amore è simmetrico e non funziona in tre.
L’amore è coraggio, sacrificio.
L’amore è bellezza, è coerenza.
L’amore al “per sempre” ci crede ( nonostante l’ipocrisia intrinseca nella parola ‘sempre’ ) o, almeno, ci spera.