A Diamante (CS), ci sono tante bandiere tricolori che svolazzano tra le finestre della minuscola piazzetta San Biagio, l’aria è frizzante e tutti sono animati da una grande solennità, tutti, tranne l’ospite speciale di questa sera. Paolo Mieli entra dal centro, tra il pubblico, salutando chiunque abbia voglia di ricambiare, e prende posto sul palco. Questo martedì 2 agosto 2011 il direttore di RCS libri è in Calabria per presentare una nuova collana edita da BUR di grandi classici italiani, attraverso cui raccontare la Nazione con lo scopo di rievocare i momenti salienti della sua nascita, senza suscitare le solite polemiche storiche e protostoriche sollevate da lungo tempo e acuitesi negli ultimi tempi negli ambienti più disparati.
Introduce il giornalista locale Nuccio Ordine, sottolineando come numerose collane di classici siano sparite ultimamente, a fronte di una stragrande crescita di manuali per le scuole e le università, frutto, ancora una volta, di scelte economiche più che squisitamente editoriali. E la RCS? Loro, a detta di Ordine, sono “i buoni”. La collana “Romanzi d’Italia”, di cui si parla stasera, celebra l’Italia dall’Ortis al Piccolo mondo antico di Fogazzaro, senza storie, soltanto con romanzi.
L’unità d’italia è stata rievocata più volte dalla letteratura, pensiamo a Dante, ma anche a Machiavelli o a Manzoni. Oggi la società ritiene che la letteratura sia inutile, in quanto si giudica “utile” un qualcosa che ci dà profitto immediato, senza badare ai valori immortali che solo la parola scritta può trasmettere e conservare.
Belle parole, in parte vere, in parte ancora dal sapore di Risorgimento in salsa di XXI secolo. La parola passa a Mieli: il Direttore apre con una battuta: “Non conoscevo Diamante, mi piace tantissimo, ma non farò come Berlusconi: non comprerò una casa”.
Racconta come l’idea della collana dedicata all’Unità del nostro paese sia stata suggerita dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per sensibilizzare il popolo italiano nei confronti di questo periodo di grave crisi del mondo occidentale; è necessario stringersi insieme e cercare soluzioni al di là delle ideologie (ammesso che ce ne siano ancora). Questo invito, riflettendoci su, è proprio ciò che avvenne negli anni immediatamente pre e post unitari con la nostra politica così tanto crocifissa da Nord a Sud ma che, tutto sommato, ci dà oggi la possibilità di discuterne liberamente. La rassegna procede: le prefazioni dei libri sono state redatte da storici e da persone competenti in materia, in maniera tale da restituire un background informativo necessario al lettore per contestualizzare il volume che si tiene tra le mani.
Ottima idea, si passa alle domande e noi di LetteraTu gli chiediamo:
Ultimamente Philip Roth, uno dei più celebri scrittori dei nostri tempi, ha dichiarato di aver perso ogni interesse per i romanzi, dedicandosi esclusivamente alla lettura di saggi storici e biografie poiché i primi, dice Roth, non hanno più nulla da dirci. Lei cosa ne pensa, Direttore?
Io credo che Roth, di cui sono assiduo lettore, abbia sostanzialmente calcato la mano sul problema, denunciando elegantemente la mancanza di scrittori di reale peso letterario ai nostri tempi. Chiariamo: ci sono tanti scrittori validissimi, di cui leggo le storie, ma su cui difficilmente tornerei una seconda volta. In fondo proprio questo è un “classico”: un testo, un autore che starebbe benissimo alla fine di una collana che parte da Omero. Un grande esempio lo ha dato un allora piccolo editore, Feltrinelli, considerato un tantino “stravagante”, ma in realtà geniale: fu proprio lui a pubblicare Il Gattopardo o Cent’anni di solitudine quando la mia casa editrice, insieme ad altre, lo rifiutò con motivazioni assurde.
Continua il discorso sulla piccola editoria, invitando il pubblico di lettori a scartabellare tra gli scaffali più nascosti delle librerie in cerca del futuro talento italiano.
“Certo, comprate prima i volumi BUR, Bompiani, Adelphi ” scherza, ma poi aggiunge “Questo è un mestiere ingrato, pubblicare libri di cucina o di fai da te ci dà la possibilità poi di far emergere grandi talenti”. Falso, “ma bisogna anche comprendere le ragioni del marketing”, come afferma lo stesso Mieli. Infine l’appello accorato di studiare i classici, e di provare, una volta tanto, a misurarsi con loro; soltanto così la letteratura, e chissà forse anche l’editoria italiana, avranno una chance di riscatto.