Ora il silenzio era unicamente punteggiato dall’abbaiare festoso e chiaro, laggiù, dei cani che i bimbi, tra il brillio dei nudi corpi nelle miche delle sabbie arse, eccitavano con esotici fischi contro la spiegata curva della linea del mare, sul cui pelo dell’acqua gli stessi giocavano poco fa a rimbalzello con delle frecce di scarto. Così, poggiato sui gomiti, godendosi il fresco degli invisibili ruscelletti, tra le clemàtidi della terrazza, il Tetrarca buttava svogliato in volute senz’arte, tristi e sconnesse, il fumo della sua dose meridiana di narghilè. Ieri, per un istante, all’arrivo sospetto di un messaggero che annunciava i Principi del Nord, il suo destino troppo pago su queste isole troppo paghe aveva vacillato tra i terrori strettamente domestici e un dilettantismo assoluto che troverà il suo conforto del tutto e per tutto nella rovina.
Jules Laforgue
“Salomé” è uno dei sei lavori di Laforgue in prosa che compongono le “Moralità Leggendarie”, sono esse il canto del cigno del poeta che morì di tisi fulminante (all’età di ventisette anni) neanche un mese prima della pubblicazione.
Geniale innovatore e creatore, geniale pittore di sconclusionate situazioni grottesche ed ordinarie proprio nella prosa getta la sua penna più sublimata, più creativamente respiratoria settando i suoi versi discorsivi in una cornice descrittiva nella quale si poggiano poi le assurde situazioni laforghiane.
Il tetrarca che qui vediamo attendere con furba tranquillità le vicende, delle quali dovrebbe essere quantomeno domatore, è il proconsole delle Bianche Isole Esoteriche, luogo dimenticato da chiunque abbia vissuto la storia (a detta di Laforgue) ed è qui che egli stesso vive un paradiso di silente attesa della fine, della morte, dell’eden che viene disgregato. Non è dunque l’uomo scacciato qui dall’Eden bensi è il girdino stesso ad essere distrutto, l’uomo può anche non esser sfiorato è l’infinito che viene spezzato. Come si può porre dunque la carne di fronte a ciò?
Vivere nel fittizio, nel costruito, nel posticcio; è di ciò che in questa “leggenda morale” viene incolpato il potere, o forse l’umanità in generale.
Rantolando ancora
coll’amore ancora un po’ eretto
ed odoroso, facendo così sgorgare
quel po’ di sangue che nel corpo
rafforzava il futuro, tra anfratti
scolpiti bianchissimi
privi di cultura, privi delle
dovute effusioni. La
forza indisposta…