Ciò che più colpisce il lettore all’apertura della prima pagina di un libro non si trova nello stile o nella grammatica del testo, nè tantomeno nel soggetto narrato. Quello che più preme alla nostra mente è rappresentare l’atmosfera che si respira, in una parola: il pittoresco.
Il diario di Homunculus, terzo lavoro di Fernando De Benedictis, sembra scritto dal suo equivalente opposto, dal suo alter ego, da colui che, a detta dell’autore, è nutrito dal lavoro dell’ingegnere aerospaziale, sua principale occupazione, nonché Musa ispiratrice. Personalmente non tenderei a definire questo volume un’“autobiografia” poiché essa comporterebbe in assioma una sorta di autoreferenzialità che non troviamo affatto tra le righe dell’Homunculus, intriso lungo tutto il suo scorrere da un forte senso di schiettezza e spontaneità (il titolo è già un programma).
Tutti noi sappiamo che, per redigere un romanzo, la spontaneità viene applicata soltanto al primo livello, quello della stesura di getto; fase, peraltro, affatto presente in alcuni generi e stili di scrittura: c’è chi per buttar giù anche solo un periodo ha bisogno di consultare il dizionario e la propria coscienza cento e cento volte, non per una questione di poca padronanza del linguaggio, ma per ragioni squisitamente stilistiche.
Dicevamo schiettezza, ebbene forse il merito più evidente dell’autore in questo lavoro è stato proprio quello di riuscire a conservare questa nota di freschezza, unita ad una buona conoscenza del lessico italiano (cosa non tanto scontata per l’universo degli autori cosiddetti “emergenti”) e ad una memoria storica del proprio passato e di quello della società in cui è vissuto; questa stessa realtà ci viene descritta mediante gli occhi di un bambino, di un uomo cresciuto tra sogni e famiglia, realtà e ricordi, gli stessi che balzano in primo piano con una vividezza senza precedenti. La scansione dei capitoli è quella tipica dei diari spontanei, essa conserva a volte persino quell’incostanza propria della nostra volontà recalcitrante, non sempre disposta ad appianare le pieghe della psiche e prestarsi al liscio descriversi della pagina bianca.
Per poter apprezzare fino in fondo il valore di Homunculus, tuttavia, bisogna aver condiviso alcuni aspetti di vita quotidiana che magari non tutti sarebbero disposti a mettere in gioco, ma queste sono le regole della vita raccontata, le cui turbolenze possono, a volte, annoiare per la loro intrinseca ripetitività. Nel complesso, il romanzo è meritevole di occupare il suo spazio nel mercato e, con una buona predisposizione alla lettura di periodi in maiuscolo e nervosi ‘a capo’, magari lo sarà anche per gli scaffali della vostra libreria.