Riesci a immaginarla, la vecchiaia? Naturalmente no. Io no. Non ci riuscivo. Non avevo idea di che cosa fosse. Non ne avevo neanche un’immagine falsata: non ne avevo alcuna immagine. E non c’è nessuno che abbia voglia di fare previsioni. Nessuno desidera affrontare queste cose prima che venga il momento. Come andrà a finire, tutto? E’ di rigore l’ottusità.
Come può un uomo che ha da poco superato la sessantina -e che ha sempre vissuto intensamente- affrontare la vecchiaia imminente e il declino?
Il professor David Kepesh è il protagonista di una storia struggente, di amore, di sesso e di morte: “L’animale morente” di Philip Roth.
Kepesh tiene un corso di critica letteraria per i laureandi, chiamato Pratical Cristicism;spesso, inoltre, recensisce libri alla radio e fa il critico culturale in un programma televisivo, ragion per cui il suo corso è sempre affollatissimo, pieno soprattutto di giovani donne incuriosite dalla cultura e dal fascino del professore.
Nonostante alle spalle abbia storie fallimentari, un figlio che lo odia per aver distrutto e abbandonato la sua famiglia, Kepesh è malato di desiderio: porta a letto le sue giovani studentesse, nessuna delle quali riesce a turbarlo; piccole, brevi e giovani comparse che allietano le giornate di un uomo ormai avanti con l’età.
Ma un giorno, nell’aula del suo corso di critica letteraria all’università, entra Consuela Castillo, ventiquattrenne di una bellezza conturbante, destinata a sconvolgere nel modo più tragico la vita di Kepesh.
Un cuore generoso, un bel viso, uno sguardo insieme invitante e remoto, due seni stupendi; è nata, come donna, da così poco tempo che trovare dei frammenti del guscio attaccati a quella fronte ovoidale non sarebbe stata una sorpresa. Capii immediatamente che quella sarebbe stata la mia ragazza.
E in effetti, il sessantaduenne professore riesce non solo a portarsi a letto la bellissima e giovanissima ragazza, ma anche a legarla in qualche modo a sé.
E ora, in tarda età, il professore riscopre la gelosia, una gelosia malata, soffocante: Consuela ha qualcosa di straordinario che attira morbosamente quest’uomo, una sensualità che terrorizza, gli impedisce di sentirla sua completamente, gli dà modo di immaginarla con altri uomini, desiderata da chiunque lei incontri sul suo cammino. Così Kepesh, che in vita sua aveva sempre mantenuto fede alla promessa di non legarsi e avere una relazione stabile, comincia ad aver voglia di essere privato della sua libertà, anzi, la serve su un piatto d’argento alla bella cubana.
Consuela conduce il gioco e il professore non è più padrone totale dei suoi sentimenti, delle passioni e degli impulsi. Le basta poco, mostrarle i suoi seni, spogliarsi davanti al pianoforte, per fargli perdere completamente il controllo, per farlo sentire disarmato e debole.
Una storia destinata a finire, certo. E per un po’ finisce davvero. Consuela sparisce dalla vita di Kepesh ed egli, per alcuni anni, resta attaccato al ricordo, sfiora la depressione, cerca sollievo nella musica.
Eppure un giorno Consuela ritorna e in maniera brutale. Ha un cancro alla mammella, vuole che il professore le ricordi quanto aveva desiderato il suo corpo prima di quel tragico evento. Lei sola sa quanto Kepesh avesse amato il suo seno e ora è a lui che vuole mostrarlo prima dell’intervento chirurgico.
La giovane ragazza è l’animale morente, è questo il paradosso di una storia che sconcerta eppure incuriosisce. In primo piano c’è tutta la debolezza dell’essere umano, la necessità di legarsi, il desiderio che spiazza e manda all’aria anni e anni di progetti e di difese…la voglia di riuscire a fermare il tempo.
Roth, in maniera magistrale, ci trascina nell’universo di un vecchio professore che arrivato vicino alla fine dei suoi giorni, convinto di essere sfuggito al turbinio delle passioni, si ritrova a legarsi a una donna sul punto di morire, una donna che gli ha insegnato quanto da solo l’uomo sia incompleto.
“Non farlo”.
Cosa?
“Non andare”.
Ma devo. Qualcuno deve stare con lei.
“Troverà qualcuno”.
E’ terrorizzata. Io vado.
“Pensaci. Rifletti. Perchè se ci vai, sei finito”.