Mi chiamo Jennifer e sono uno straordinario evento mediatico. Sono rannicchiata qui, vorrei poter dire al buio il che renderebbe tutto più poetico, non posso. Il buio dove mi trovo ha il sapore della libertà. Sono in posizione fetale, paradossalmente oggi sto venendo al mondo. Nessun padre festeggerà tenendo un sigaro tra le labbra, credetemi di fumo ce ne sarà comunque. Ti insegnano fin da bambino le regole della buona educazione: saluta, ringrazia, sorridi, composto a tavola, non alzare la voce. Merda, è tutta merda, dimenticavo non dire parolacce. Passiamo una fetta piuttosto grande della nostra esistenza a compiere gesti vuoti ed a dire frasi di circostanza, simili a scimmie che imitano coloro che gli tirano noccioline attraverso la gabbia. Fottuti primati, abbiamo più dignità mentre ci grattiamo il culo che mentre servilmente diciamo un grazie mille. La buona educazione è il vero oppio dei popoli. Fatevi furbi l’unica regola da seguire veramente è la vostra. Conservate i secondi che sprechereste chiedendo al sudaticcio salumiere come sta sua moglie per fare altro, qualsiasi altra cosa. Che vi importa di quell’essere grasso ed informe, se l’unica domanda che vi frulla in testa è “Ma davvero devi vederla nuda?” Beh fatela. Mia madre vi direbbe di non darmi ascolto, che sono pazza, che la sto facendo morire di crepacuore. Bugiarda, lo promette da anni e non muore mai. Io non sono pazza, io ho scelto la mia regola. L’amore solo quello è reale, io Ronald lo amavo dolorosamente, io per lui l’avrei vista nuda la moglie del salumiere. Il mio cuore batteva nel suo petto. Mi ha lasciata il 22 febbraio 2008, questa sarà per voi una data priva di significato ma, quel giorno io nacqui per la seconda volta. Oggi è la terza e sarà l’ultima. Alcuni ringraziano chi li lascia per le belle cose vissute insieme, come ringraziare una diarrea per il pasto appena consumato. Ma dico siamo pazzi? Io non risposi mentre mi comunicava la fine del nostro rapporto, non potevo, era cominciato il travaglio. Un vagito sordo mi scosse l’anima. Mi alzai, andai verso la cucina muta, mi guardava attendendo le mie lacrime pronto a dirmi che non era colpa mia. Stronzo credi non lo sappia certo che non è mia la colpa, è tua. Aprì un cassetto ma mi sentivo i suoi occhi addosso, “Spegni la tv” gli gridai, lui si voltò e lo feci. Era grosso Ronald, almeno il doppio di me, l’effetto sorpresa era il doppio di lui. La prima coltellata fu tutta per lui, andai a fondo, scavai, cercavo il mio cuore per riprendermelo. La seconda per il detestabile grembiule alle elementari. La terza per l’apparecchio ai denti. La quarta per i baci dovuti a vecchie zie puzzolenti. La quinta per i palpeggiamenti subiti sugli autobus. La sesta, la settima, l’ottava per tutto il resto. Lui non c’era più ed io vedevo la luce, il suo sangue per liquido amniotico. Chiamai la polizia. “Non mi amava più.” Dissi. “Signora se questo è diventato un reato non lo dica alle mie ex mogli.” Rispose giulivo lo stupido operatore. “Ho dovuto farlo. Ho dovuto aprirgli il petto per riprendermi il mio cuore, me l’aveva rubato.” Aggiunsi io. “Signora mi dia il suo indirizzo e stia calma.” Non rideva più ed invece ora ero io ad essere sul punto di farlo. Arrivarono di corsa, la strada era ingombra d’agenti, dovevano sapere che l’indirizzo era quello d’un poliziotto, i branchi si sa si difendono in massa. Il resto per me è poca cosa. Mi dichiarai colpevole, il processo fu breve. Volevano farmi dare l’infermità mentale ma il medico disse che sapevo distinguere il bene dal male. Concordai con lui. Non ho ucciso Roland perché era Satana, né perché me l’avevano ordinato i puffi, non sento vocine nel cervello. Doveva morire perché nessun mio respiro, da quel momento, avrebbe potuto più saziare la mia sete d’aria se lo avessi saputo tra le braccia d’un’altra. Meglio morto. Legittima difesa. L’ho ucciso per continuare a respirare. Mi chiamano, il prete non mi serve, mi sistemo un po’, sono una bella donna e le mie foto domani saranno ovunque. Peccato l’arancione non mi dona. Ero nata morta, ora muoio viva. Dead woman walking non lo dice nessuno mentre mi avvio verso la sedia elettrica. Il mio ultimo respiro mi riempie. Nasco, buio.