Le Strade labbatiane non hanno pallori a breve durata. Il tempo ha una fisarmonica tra le zampe, ed il grigio della fisarmonica non è un colore… senza che il vento ne scandisca, l’esatta importanza.
Il bambino aveva poche giostre nella psiche oftalmica: qualche bibita rotolante su increspate nuvole con gambe divaricate; cibo divorato da tarme carnivore, e innovativa, marchingegnata maniera di morire. Quando i vecchi sospirano sbuffi di polveri, le nuvole sono chiuse in chiocciole di ambiente collassato.
Silenzio.
Taluni scricchiolii seminano terrore, taluni mugugni dello stomaco creano traduzioni reali di paure kafkiane… talvolta il carbone mi inaridiva le gote, adesso l’indiano Geronimo s’offende quando il legno brucia, e la mia pelle perde lucidità: secchezza, indurimento, caratteri ipodermici lontani dal rosso-carne viva. Il mare parla per mutismi ventriloquiali, i canali di irrigazione parlano per inudibili parole faulkneriane, il padre parla grazie alla parola dei suoi padri… e il cibo in scatola parla per rimbombi di latta. Rifugi atomici ricchezza della nuova era scacchistica: Mors Vs Uomini-Orologiai.
Tonf… Tonfi di pali della luce, accovacciati attorno il piccolo cerino acceso;
Accensione dell’autoconsiderazione per percorsi di inquadramento desolante: più il buio si accumula nei miei occhi più l’anidride carbonica alimenta i miei più cuori… Pulsazioni del cosidetto “cuore”: orologio da polso carnoso; Dio non è un parente degli svizzeri… oltre la Torre si eclissa… oltre la Torre il bambino può bestemmiare. Le rughe si rassomigliano ai fastidi umorali del sempiterno grigio-topo meteo post-atomico. Il Padre mi insegna a disfarmi della bibbia, il Padre mi rassetta i cenci, il Padre mi dice che i violini hanno facoltà derisorie senza emettere suoni intonati, il Padre mi chiede di Dio… il cuscino penso infastidisca i suoi muscoli: Dio non ha muscoli. I camion sono gnu rottamati dall’ambiente involuto… carcasse di ferro e zinco; combustibili cresciuti ai lati delle autostrade del passato, code di ex-bambini ululano nella traiettoria itinerante dei sopravvissuti. A Nord, Ad Est, Affanculo! Ora i bambini si incazzano, ora le bocche non dicono. Ora Rimbaud si impossessa della bellezza acida di una struttura architettonica incresciosa: lapidi di stazioni di servizio; “Le Illuminazioni “ i ragazzetti leggiucchiano, quest’oggi, nei percorrimenti animici. Stevenson e co. sono sotto una terra senza acquosa speranza: ancora affanculo l’acqua senza “Fortuna”. E la donna, la mamma?
S’è ammazzata.
S’è ammazzata.
Il futuro è segnato da una previsione faulkneraniana; i segni sono estetismi premonitori, per segni capisco se intra-vivo.
Di GRIGIO, campiamo: Padre e… Me.