La morte è un paese ostile dai confini incerti che, per quanto ci si sforzi di fare, non si riesce mai a percepire come attiguo: è una nazione in guerra di posizioni, impegnata a tirare missili a casaccio che ogni tanto ci capita di trovare lungo la strada, conficcati in qualche tetto di case familiari o vicinanti. L’assurda forza della sopravvivenza umana è tutta in questa piccola disfunzione che ci ha resi unici: non riusciamo a sentirci in pericolo fino in fondo, lottiamo con le nostre forze per dimenticare i conti che abbiamo in sospeso con la vita e con noi stessi.
Cosa succede quando una malattia grave mette in seria discussione la nostra salute? Lo racconta Maria Grazia Ciuferri nel suo “Nascere due volte”, commovente romanzo.
Giulia è una psicoterapeuta, professionista in grado di accogliere e contenere dubbi, paure e speranze dei suoi pazienti, che un giorno affronta una terribile diagnosi: tumore al cervello. Il colpo, fortissimo e quasi senza appello, è in grado di chiudere in una valigia il ‘sonno’ delle emozioni che, come tutti, la protagonista porta con sè nel passaggio dall’infanzia all’età adulta, e di spedirla in un doppio viaggio al centro della malattia, e al centro di sé stessa.
La storia del pellegrinaggio tra medici e istituti alla ricerca di una possibilità, e il confronto parallelo con la propria esistenza, sono stazioni dello stesso itinerario: Giulia finirà in profondità nel suo rapporto con i familiari, tornerà indietro a rivedersi bambina e a raccogliere l’energia per rispondere ad una domanda, la più importante di sempre: voglio vivere davvero oppure no?
La forma-diario della narrazione e lo stile asciutto rendono la storia ancora più commovente: ho avuto l’occasione di confrontarmi con una suggestione importante, quella di sapere come reagirebbero le persone che amo se sapessero che ho poche speranze di sopravvivere. E’ una condizione, questa, che si verifica molte più volte di quanto non si creda: “Nascere due volte” è la storia di questo salto nel buio, la storia di qualcuno che un giorno si è permesso di abbracciare un meteorite prima dello schianto, e forse ha potuto rispedirlo alle profondità dello spazio dal quale proveniva.
Cosa resta sul terreno al termine dell’ennesima battaglia? La consapevolezza, forse, che quel Paese in silenziosa attesa non è così ostile come sembra: converrebbe aprire più ambasciate, intrattenere più relazioni, comprendere che la morte è anzitutto un’opportunità formidabile per osservare in controluce la bellezza e l’importanza dell’esistenza.
(I proventi netti di ‘Nascere due volte’ saranno devoluti all’Associazione “Attivecomeprima”, fondata nel 1974 da Ada Burrone per sostenere nell’interezza fisica, psicologica e umana le persone colpite dal cancro. E’ un particolare che aggiunge pregio: ho deciso di farne menzione in fondo all’articolo, purtuttavia, per non intaccare minimamente la bellezza di questo libro, a prescindere dalle sue finalità.)