A volte manca la sicurezza, o solo la certezza di averne.
Marta si guardò intorno per trovare un appoggio. Conosceva i suoi gesti ma non riusciva ad interpretarli. Rimase lì, ferma, ad ascoltare i rumori sopra la sua testa.
«Si sente bene signorina?» – chiese una donna con uno strano cappotto indosso.
Lei non rispose, né abbassò lo sguardo per darle conferma di aver udito la domanda. Non voleva, in nessun modo, che qualcuno interferisse con quella linea d’ombra che si era creata nella sua testa. Una linea che in quel momento stava percorrendo chilometri di palude, umida e fangosa, in cui era difficile distinguere la notte dal giorno, in cui ogni essere pensante poteva perdersi senza accorgersene.
Sentì un formicolio alle mani, fastidioso, come se un’intera colonia di formiche avesse deciso improvvisamente di scalare una montagna di sabbia. Le sue mani erano quella montagna e lei non poteva far nulla. Le sue dita, intorpidite, cominciavano a perdere sensibilità. Le piccole formiche rosse ce l’avevano quasi fatta.
Cosa avrebbe risposto? Quali parole avrebbe usato per giustificare quel gesto improvviso? Le venne in mente una frase, l’aveva sentita poco prima di uscire di casa. “In una vita piena di giorni di sole, la Felicità ci coglierà in un giorno di pioggia”.
Il campanile prese a muoversi posseduto da quei suoni che emetteva controvoglia. Marta perse il conto dei rintocchi, ma il sole sopra i suoi capelli si mostrava ormai vecchio e stanco.
Urgeva prendere una decisione.
Riuscì a muoversi e, a fatica, ad appoggiarsi ad un albero. Quel tripudio di verde la infastidiva.
«I parchi sono belli in inverno» – pensò – «quando puoi lasciarli senza che si offendano, quando puoi specchiarti nei suoi figli senza che questi s’imbarazzino».
La resina le si appiccicò alle mani ma neanche se ne accorse. Così aprì la borsa e ne tirò fuori dei post-it. Rigorosamente gialli, pensò. Ma non sorrise. Ne prese uno e ci scrisse su qualcosa, sembravano disegni venuti male o soltanto abbozzati, in realtà erano parole ben precise. Lo mise in tasca. Dopo cominciò a staccare uno ad uno gli altri post-it dal blocchetto e lì attaccò all’albero, qualcuno non tenne alla tensione e mollò la presa lasciandosi cadere. Non li posizionò a caso. Bastarono pochi minuti e qualcosa cominciò a prendere forma.
Ora si accovacciò, e rivolse la schiena all’albero ormai mutato.
La signora dal cappotto strano passò di nuovo e si fermò. Ma non chiese nulla stavolta, neanche la guardò. Disse solo: «Il sole può dare Luce, Spensieratezza, Gioia, Tranquillità e Vita». Poi superò quell’albero e il suo unico abitante.
Marta sorrise per l’ingenuità della donna e si addormentò. O forse chiuse solo gli occhi per tornare a tracciare la linea che aveva lasciato a metà. Il cielo si coprì e nuvole immense gettarono ombra sul verde brillante della natura viva.
Io presi il mio libro e lo riposi in fretta nello zaino. Salutai il mio albero e m’incamminai verso casa, lasciando Marta e i suoi post-it a lottare con se stessa.
Cominciò a piovere. Non so se fosse realmente al sicuro. Io la vedevo, da lontano, col suo ombrello di carta giallo che le copriva il capo.