Esiste un’enorme zona d’ombra in cui solo la letteratura o le arti in genere possono penetrare; di certo non per illuminarla o rischiararla, ma per percepirne l’immensità e la complessità: come accendere una debole fiammella che perlomeno ci consenta di vedere che quella zona è li e di non dimenticarlo.
Javier Marias
La vita è fioca luce, o tetra oscurità. Analogamente alla predica di un prete, di un religioso qualunque, di un filosofo, che si affida alla razionalizzazione totale, chi sceglie il compromesso della verità assoluta deve accettare solo una delle due ipotesi estreme, pur tenendo conto di entrambe e considerando che la scelta definitiva non potrà precludere l’altra.
Ma la letteratura non ha coerenze ideologiche, non ha enunciati da proporre ne risposte definitive, ne compendi per facilitare il cammino della nostra esistenza. I grandi scrittori, i grandissimi, hanno percorso strade tortuose ed innumerevoli, cercando non la verità finale nascosta dietro agli dei, ma la contraddizione dell’esperienza quotidiana, e avvicinandosi al mistero della vita che probabilmente mai percorreremo da vivi. Come Shakespeare, ad esempio, un nessuno che parla per tutti, un innominabile sulla bocca del mondo.
La rappresentazione letteraria è anche giudizio, ma implicito è senmpre comprensivo della tottalità: Delitto e castigo Dostoevskij riesce a comunicare l’umana desolazione che induce Raskolnikov, il protagonista, al delitto e a farci partecipi del suo destino, ma ci fa anche capire – e dunque giudicare – la stupida banalità delle idee che lo spingeranno al delitto, e l’orreore di quest’ultimo.
Delitto e castigo, secondo Bachti, viene inteso come primo grande romanzo polifonico: un romanzo in cui, a più voci, i personaggi hanno tutti una loro autonomia, delle loro caratteristiche peculiari e differenti, insomma una loro “voce” che ben si distingue. Ed è insieme un grande romanzo di idee: le idee per Dostoevskij non sono rappresentate da personaggi individuali, ma sono intersoggettive, prendono vita nei dialoghi tra più personaggi, si incarnano nelle coscienze di più persone, attraverso l’urto, lo scontro che queste creano al loro incontro, amalgamandosi di contraddizioni e incoerenza, delle pulsioni dei protagonisti.
Quindi un romanzo di idee. Il protagonista, lo studente Rodion Romanovic Raskol’nikov, divide gli uomini in due classi: le nature dominatrici, quelle grandi esistenze che dominano il corso degli eventi per il bene dell’umanità, e quelle comuni, quelle che appartengono al corso degli eventi, figli della Storia. A questa tesi si contrappone un’idea invece di matrice cristiana, di Sonja Marmeladova: per lei la legge morale vale per tutti allo stesso modo. Quando è necessario il dominatore, paradossalmente per puri scopi filantropici, può anche decidere di sterminare, di ammazzare coloro che sono considerati inutili, inetti, spregevoli “pidocch”; ma d’altro canto nessuno è degno di raggiungere la felicità se preclude la vita degli altri, perché il peccato resta tale per chiunque lo commetta, al di la delle motivazioni che accompagnano tale folle gesto. Quindi da una parte il peccato ha alibi dietro cui difendersi e sul quale reggersi, dall’altra è nudo ed ingiustificabile.
Entrambe le ideologie sono le colonne portanti di tutto il romanzo: quella di Sonja raggirerà la morale superoistica di Raskol’nikov, corrodendone l’arroganza abominevole e luciferina. Assistiamo quindi alla disfatta del super uomo, del titano, la sconfitta di una morale libera da ogni vincolo, ed invece negazione assoluta della libertà stessa, follia e distruzione. Accortosi sulla propria pelle l’impossibilità di portare avanti un progetto di vita senza amore, surrogato di quel positivismo illuminista della ragione tanto caro ai francesi nel ‘700, supera le sue convinzioni attraverso un duro travaglio interiore.
Il romanzo termina con un incubo. Il protagonista assiste ad un’apocalisse mostruosa, dove tutta l’umanità viene invasa da una pestilanza asiatica, mai giunta fino ad allora. Se ognuno pensa di essere in grado di giudicare il bene e il male, ne deriva che tutti finiscono per divorarsi a vicenda.
Tutto e tutti perivano. Salvarsi in tutto il mondo potevano solo alcuni uomini: erano i puri, gli eletti, predestinata ad iniziare una nuova razza di gente ed una nuova vita, a rinnovare e purificare la terra.
È semplicemente una grande apologia della vita. Raskol’nikov al suo risveglio si accorge che ha al suo fianco una copia del Vangelo che Sonja gli ha regalato prima di entrare in carcere. Capisce dopo questo sogno che la via dell’espiazione è un lungo cammino che mai s’interrompe, cercare la contesa tra gli uomini, offrire interrottamente compassione, ed un amore totale nella più totale dedizione.
In fin dei conti è nella più totale dedizione e silenziosa sofferenza che è nato un libro immortale come Delitto e castigo.