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Cuore di tenebra (J.Conrad)

Conrad è lo scrittore del destino schiacciato e della sconfitta. Tutti i personaggi di sua creazione sono segnati da una disperazione che prende forma durante la loro vita, oppure che nasce da ossessioni, dalle ambiguità di fondo che concernono i rapporti umani o dalle tragedie della storia. Coraggio e generosità di questi uomini, il più delle volte marinai o esploratori, sono la risposta a un meccanismo sociale che corrompe e degrada i loro ideali e sentimenti; non è certamente vittorioso o conoscitore di gloria colui che resterà per sempre il miglior personaggio che la sua mente potesse partorire, il colonnello Kurtz di Cuore di tenebra.

Questo sentimento ambiguo che Conrad ha sempre nutrito per la sconfitta nasce da un pessimismo profondo, e che vede il tempo non come la cifra del progresso umano ma come immanente fenomeno di erosione e corruzione: ad esempio l’immagine del mare che logora lo scafo della nave, e dopo la tempesta impetuosa che l’affonda. Quindi, la fedeltà ai valori perduti è un amore sofferto per la vita e al contempo il rifiuto radicale di ogni cambiamento.

Ogni individuo conradiano sfida l’assurdo e l’ignoto, e dinnanzi a questa sfida non può che esserci un uomo nevrotico: nel suo cuore coabitano, contrapponendosi, due verità, piuttosto che sensazioni soltanto: la verità della sfida accettata inesorabilmente, e quella della rassegnazione, ovvero della resa o della fuga. In entrambi i casi non ci saranno né vinti né vincitori, ed è una scelta che rimane sempre sospesa nel proprio limbo senza concretizzarsi del tutto. Conrad ha intuito più di ogni altro scrittore della sua epoca che queste caratteristiche non sono soltanto immanenti e concernenti, quindi, l’agire di ogni individuo, ma eterni, perché fondatrici di ogni scelta etica, premesse ad ogni ragionamento. Contribuiscono alla sconfitta non solo forze distruttrici che si oppongono alla vita, ma anche forze che da sole nutrono un sentimento masochistico, un piacere alla distruzione stessa. Il mare e gli oceani sono, come nell’opera di Melville, il simbolo di ogni sfida, ma la mole smisurata della loro forza e delle loro dimensioni sono inconcepibili, quindi sublimi, ad ogni ragione umana, e ontologicamente sembrano esse stesse la premessa ad ogni resa. Questa tendenza alla contraddizione, alla paura e all’inconoscibile sono i temi pulsanti di tutta la sua opera, ottenendo in Cuore di tenebra, tra i romanzi più importanti di tutta la letteratura in lingua inglese, l’apice stilistico e poetico.

La storia ruota tutto attorno a un’ossessione, cioè la ricerca del colonnello Kurtz e il mistero della sua scomparsa. La decisione di vivere da solo rintanato nel cuore della foresta, l’adorazione che gli indigeni nutrono per lui, l’ambizione dello stesso Kurtz ad essere oggetto d’idolatria, le strane uccisioni e i rituali antichi sono tutte caratteristiche che affondano la mente del lettore in una dimensione oscura, sicuramente crepuscolare, introspettiva e psichica. La foresta e le insidie della natura selvatica, così come gli inquietanti versi di animali feroci, sono la metafora della mente e del suo enigma: cos’è la coscienza e cosa vuole in realtà, e perché mai un uomo debba porsi tra l’animale e Dio? Addentrasi in quella boscaglia ove sensibilmente filtra la luce, così come Dante decise di varcare la soglia dell’Inferno, è il percorso della consapevolezza che ognuno ha il compito di prefiggersi come ultima meta, e necessaria, della propria vita.

La lettura di quest’opera non lascia indifferenti, anzi reca disagio facilmente, per la sua criptica sequenza d’immagini naturali che alludano a significati certamente più profondi. Affrontare un libro del genere significa in qualche modo accettare di uscirne turbati da questa esperienza. I paesaggi e le descrizioni rimandano alla cinica e brutale colonizzazione dell’uomo bianco ed ella sua potenza distruttrice. Marlow, la voce narrante, è stato concepito appositamente come manifestazione letteraria del nostro Ego. Ovvero, ogni lettore può identificarsi in Marlow. Chi si considera “normale”, o crede che questa presunta normalità sia addirittura una qualità, non può che lodarsi per il suo desiderio di libertà, ma anche sottomettersi, e quindi accettare la sua indifferenza, la sua inerzia, la sua cecità con la quale è impossibilitato a vedere gli orrori e le ingiustizie della vita, come lo è stato d’altronde per Marlow, inconsapevole degli orrori del colonialismo. L’importanza di Marlow sta tutta nella “filosofia negativa” di Conrad: la “tenebra” che non riusciva a vedere non è quella che porta con sé il mistero di Kurtz, ma l’avanzata inesorabile dell’imperialismo occidentale che, con l’alibi del progresso, ha distrutto, e continuerà a farlo, civiltà e cultura.

L’opera uscì a puntate nel 1899. Conrad ci vide molto bene, quasi come un profeta, scrivendo un libro simbolo del ‘900.