E una donna gli chiese: Parlaci del Dolore.
Ed egli disse:
Il vostro dolore è il rompersi del guscio che racchiude il vostro intendimento.
Come il nòcciolo del frutto deve rompersi perchè il suo seme possa ricevere il sole, così dovete conoscere il dolore.
Se poteste mantenere in cuore tutta la meraviglia per il prodigio quotidiano della vita, anche il dolore non vi sembrerebbe meno stupefacente che la gioia;
E accogliereste le stagioni del cuore come avete sempre accolto le stagioni che passano sui vostri campi.
E vegliereste sereni nell’inverno della vostra sofferenza.
Molte pene le avete scelte voi.
E’ la pozione amara con cui il medico in voi cura il vostro io malato.
Fidatevi del medico e bevete il rimedio tranquilli e in silenzio;
Perchè la sua mano, anche se rude e pesante, è guidata dalla mano premurosa dell’Invisibile.
E la tazza che vi porge, anche se brucia le labbra, è stata modellata con l’argilla che il Vasaio ha bagnato con le Sue lacrime sante.
G. Kahlil Gibran
L’autore libanese terminò il suo capolavoro, “Il profeta”, nel 1922, un anno più tardi uscì ufficialmente pubblicato negli Stati Uniti d’America paese adottivo di Gibran dove si trasferì con la famiglia tutta in età puerile. La lingua adottiva oramai era ben conosciuta e con l’aiuto della sua mecenate ed amica Mary Haskell il poeta africano e di lingua araba potè portare alle stampe il suo “Profeta”; nonché altri lavori in lingua statunitense. Una buona quantità di pubblicazioni in arabo affiancate da un imprtante attività all’interno d’una società letteraria, da lui cofondata con altri esuli arabi, che influenzò in modo determinante la rinascita della letteratura della lingua del coranica.
“Il Profeta” è un poema religioso, la Bibbia è senza dubbio la fonte maggiore delle sue idee e della sua passione. La figura del Profeta a metà tra uomo e divino si rivede palesemente nella strana figura da “semidio” del Cristo. Il Profeta è un saggio, un eroe, uno fuori dal comune , uno al quale bisogna chiedere tutto ciò che si ha in mente, eppure è il Profeta stesso che nel prologo si fa consigliare da una veggente che la scelta migliore che si possa fare sia partire, lasciando però le sue verità. Un conoscitore del tutto, un ascoltatore delle parole umane, un sacro che tende l’orecchio al profano in segno di rispetto e completamento.
Ed i suoi discorsi, le sue parole, ricoprono gran parte delle esperienze e delle monotonie umane, vita di tutti i giorni e morte, amicizia e castigo, case e leggi; gli abitanti del luogo dove il Profeta ha vissuto dodici anni e sta per ripartire non fanno sconti, chiedono all’uomo saggio tutto ciò che venga loro in mente, ed inizia così l’insegnamento, in qualità di amante della bellezza del mondo.
In questo passo è il dolore l’oggetto delle sue parole,parole docili e confortanti, rare, esso è dunque qualcosa che va al di là di ciò che noi possiamo contenere, ci vien presentato come un limite della carne e della mente, fatta di carne, piuttosto che come un qualcosa che agisca realmente dal di fuori su di noi, è una fase umana, da accettare ed accogliere come le bellezze…bhè se non parla così un saggio profeta! I registri sono propriamente religiosi, i piani di lettura vari ma prettamente caritatevoli e buonistici, cristiani; ancora negli anni moderni c’è qualcuno che ci invita ad accettare come stoici impenitenti o come messii che di altre guance non ne possiedono più; questa tendenza un pò trita e facilistica non elimina però il mistero e la forza de “Il Profeta” che ricama l’ultravarietà della vita umana sfiorandone sfaccettature difficilmente pensabili per dei “non illuminati”.