Letteratu.it

Discepolo tedesco

Quale vivente,
dotato di sensi,
non ama tra tutte
le meravigliose parvenze
dello spazio che ampiamente lo circonda,
la più gioiosa, la luce –
coi suoi colori,
coi raggi e con le onde;
la sua soave onnipresenza
di giorno che risveglia?
Come la più profonda
anima della vita
la respira il mondo gigantesco
delle insonni costellazioni,
e nel suo flutto azzurro
la respira la pietra scintillante,
che posa in eterno,
la pianta sensitiva che risucchia,
l’animale multiforme,
selvaggio e ardente –
ma più di tutti
il maestoso viandante
con gli occhi pieni di profondi sensi,
col passo leggero, e con le labbra
ricche di suoni
dolcemente socchiuse.
Quale regina
della natura terrestre
chiama ogni forza
a mutamenti innumerevoli,
annoda e scioglie vincoli infiniti,
avvolge ogni essere terrestre
con la sua immagine celeste.
La sua sola presenza manifesta
il meraviglioso splendore
dei reami del mondo.
Da lei mi distolgo e mi volgo
verso la sacra, ineffabile
misteriosa notte.
Lontano giace il mondo –
perso in un abisso profondo –
la sua dimora è squallida e deserta.
Malinconia profonda
fa vibrare le corde del mio petto.
Voglio precipitare
in gocce di rugiada
e mescolarmi con la cenere.
Lontananze della memoria,
desideri di gioventù,
sogni dell’infanzia,
brevi gioie e vane speranze
di tutta la lunga vita
vengono in vesti grigie,
come nebbie della sera
quando il sole è tramontato.
In altri spazi
piantò la luce le festose tende.

Novalis

 

Scritti tra il 1799 ed il 1800 gli “Inni della notte” sono la più piena e completa opera del Novalis (pseudonimo di Georg Friedrich Philipp Freiherr von Hardenberg, 1772 – 1801), in essi il poeta tedesco riprende i temi più adatti alla sua poesia di cristallo imperniando il suo romanticismo sui sensi e le sensazioni che la vita trasmette all’uomo; tende le sue idee fino all’eccesso, al superamento della morte, ad una sede al di fuori del mondo reale dove esistere, dover poter risiedere palpitando, e la notte è dunque il magico fumo che nasconde le cose terrene e parmette di accedere al “diverso”; la vita di Novalis in queste idee è profondamente segnata dalla scomparsa in giovanissima età dell’amata Sophie von Kùhn la quale fu anche oggetto di visioni.

La natura è quindi esplosa, esplosiva, meravigliosamente ammirata; eppure risulta inadatta a soddisfare il cervello dell’artista, il suo animo, risulta incompleta, la sfiora con diffidenza e ne gusta le meraviglie con disattenzione, anzi con diffidenza reverenziale. Essa offre un contenuto tutto da scoprire meditare ed aspettare e ne fa da cornice/veicolo, da medicinale o maestro che elargisce i rudimenti del mestiere. Ci si arrivera aspettando che ci si prepari ed intanto sonnecchiamo scrivendo e pensando alle calde luci umane.

Gli “Inni” portano con sè miriadi di corpicini vibranti e colorati, preziose immagini e lacrime poetiche, tanta religiosità, voglia di ricercare altrove, lontano da ciò che ci permea senza farci sorridere, eppure sono versi speranzosi quelli del poeta il quale crede fortemente nell’ “altro”. Sono la testimonianza delle idee religiose e di nuove ricerche mitologiche, sprofondando il suo lucente romanticismo nell’irealtà sospesa tra Kant e Fichte, costruzioni giovani che si baciano con enormi edifici arredati e cadenti….

risorse memorabili, viandanti
discepoli privi di libri e lettere
ed unghie; bocche macchiate di
rosso e dita annerite di
fuoco ed inchiostro. Un animale?
Quale?
Come carta che si sgretola grigia
infnita, costruita,
inchiostro di catrame
levigando i sonni
di cannibali, o carnivore
donazioni.