Ardono i seminati,
scricchiola il grano,
insetti azzurri cercano ombra,
toccano il fresco.
E a sera
salgono mille stelle fresche
verso il cielo cupo.
Son lucciole vagabonde.
crepita senza bruciare
la notte dell’estate.
P.Neruda
Crepita senza bruciare la notte dell’estate.
Mi vengono in mente i campi sterminati della Puglia, in particolare del Salento, il silenzio di quelle distese dorate e il solitario sussurro del vento leggero,così caldo e asciutto, tra le foglie degli alberi sparsi qua e là, l’ombra riposante che concedono alla terra, meta agognata di insetti arsi dal calore. Mi vengono in mente le spiagge di notte, dove ogni cosa è ovattata dal rumore delle onde che accarezzano la sabbia, dove ogni cosa è lontana e le stelle sono l’unico ma incredibile spettacolo da guardare, sembrano lucciole vagabonde , sparse nel cielo scuro.
Oggi celebriamo la mia stagione preferita con Neruda, era pure ora no? Sarà perché ce l’ho nel sangue , ma l’estate mi risveglia. Non è così per tutti ? Non s’avverte forse il richiamo del sole e del mare dentro? Nelle vene, nel cuore? Persino il caldo insopportabile resta una componente inconsciamente piacevole dei ricordi estivi. Neruda ci concede una perfetta immagine di una cartolina estiva, esemplare compito dei poeti. Meglio di una fotografia lascia alla nostra immaginazione il privilegio di crearci la nostra e personale immagine di campi di grano e delle fresche stelle d’estate. Ma d’altronde, Neruda ha sempre questa capacità di farci toccare con mano la precisione delle sue descrizioni che tuttavia restano vagamente sospese, vagamente varie, come se lasciasse a noi l’ultima parola che completi l’opera.
Io già mi trovo lì, con la mano che accarezza la sabbia mentre lo sguardo va alle stelle, già sono lì, ad ascoltare la notte che crepita pigra , fresca e anche un po’ umida.
Io già son lì, e voi?