Avvertenza per il lettore: una recensione labbatiana non si autodefinisce “recensione schematica”, si proclama come: “labirintica anti-recensione underground”. Bob Arctor non dissentirebbe.
Studio Ohneiano dinanzi ad uno specchio blu cobalto, nervosismo daltonico orbitando lo sguardo nei raggi di un vecchio sole, distribuzione di un’andatura zigzagante per impietosire la progettualità di una geometria divina… crepata. Arctor, sconosciuto ai più lenti volteggi di pianeti Ohneiani, non sa chi sia il “Chi” della sua solitudine camerale… il cane spara luci fotovoltaiche nei miraggi di un tagliaerbe reclinato presso “il membro” del garage… ogni oggetto ha giustificazioni esistenzialiste, ed ogni morte di passi possiede la doppia ombra della schizofrenia Arctoriana.
Complessa la sostanza M, (con Radiohead come sottofondo), una semplice doccia, inserendo fastidiosi bugs tra le sensazioni corporee: insettini, morbidi scarafaggi verdastri parlanti, suoni di ronzii remoti, cani infettati da pulci verdognole- scintillio di zaffiro- , radio intasata da migrazioni di formiche, vasca complessivamente alleviante il prurito del “doppio”- corpo di Freck.
Walmart spento.
Spari nella notte calano il perizoma della luna, allucinogeni che inondano il sangue pulito dell’uomo comune, “famiglie fantasma” ammorbano l’incubo defibrillando il “Post-Sostanza M-Benessere Temporaneo”. Vagabondaggio di Arctor nella stessa malattia di Freck.
Sole di L.A distribuito nel muco incrostato sotto gli occhi smorti di Bob… la banda disquisisce sulla bellezza dell’insensato, mentre le cosce della femmina sfregano menzogna americana sul cazzo di Robert… il tepore del buio di uno scanner, cieco, ode un lontano muggire di frigo spento. Meccanica robotica umana sostante nel silenzio della notte: non sapere chi risieda sotto la pelle, non sapere quale deserto soffochi di spaziali venti metropolitani la caduta neuronale di Robert. Puttane che spacciano negli spiazzi serali di un supermarket, annodati lucori al neon disinfettano gli iniettori-esseri umani della droga M… graduale genocidio della vita cerebrale, conseguente vittoria di paesaggi astratti moderni… stanze di motel teatro di pomeriggi inglesi fra stercorari giganti.
Piano, lento… serpeggia in aria un sordo anti-suono da silenziatore artigianale imploso… il thè plana nelle tazze. Fuori, il nuovo millennio è festeggiato centrando orizzontali insegne luminose. L’appartamento di Bob abbandonato, Freck che tenta il suicidio con garbo.
Una luna stranizza La Passione di Arctor malmenando la procreazione della propria rappresentazione nella funzione “ sensibile” che, teoricamente, dovrebbe auto-possedere Arctor: Lui dipende dallo scanner, ma nessuno legge nell’anima solipsista di chi controlla molliche sulla pianta del proprio piede.
Un fottutissimo casino metropolitano quando percorri il corridoio che porta dalla cucina A al luogo adibito per sonni turbolenti B. Cucchiai- congiunti nel requiem del mutismo casalingo. Sparpagliate biciclette da 20 $, riparazioni andate in fumo danno un quid gelatinoso all’aria non-aria.
La sostanza M.
Arctor ha dischiuso la propria corazza da scarabeo stercoraro proprio come Gregorio Samsa. L’uno nelle metropolitane cerebrali scoppiate, l’altro in una anticipatrice surrealtà che le droghe avrebbero procreato.
Che tipo di droghe?
Che Gregory Samsa sia Bob Arctor?
E’ tardi.
Buon compleanno.