Fluttuano le mucche, razze bovine tintinnano sul cucchiaino sospeso lungo la linea orizzontale pixellosa dell’impasticcato ego di Bob; urlano terrier ingrossati di whisky, mescolato a latte animale; otturatori di lenti di ingrandimento remano contro la fantasia smisurata… dietro, una Pontiac- 4 posti a sedere. Bob intima al canto di arrestarsi, le manette sanno di bocciolo idrofilo, le mani orinano pasti e merende infantili, la bocca, aperta in mini circonferenze, lede il cromatico silenzio con schiumose bave di rabbia e scimmie sulla schiena. Pochi km e il fremito lungo la schiena vedrà sostanziarsi in un’insegna, in una fuga lenta ( a rallentatore le vite roteano conformandosi alla velocità di un parchimetro installato dentro di Noi). Le occhiaie si mischiano a capelli caduti, lese fibre capillari, forfora, giubbotto di pelle rigato da 40 anni, robotico suono della televisione, speed intravene ed… il panino, mamma, non è più con confettura d’albicocca, ma polverine scorrevoli ( postmoderne scale mobili accelerate collidenti contro globuli rossi,bianchi, viola, denim… all’interno, di dentro). Baci, con glossa pastosa sovraeccitata, Diane… ricambi le mucche, t’accoppi onirico su letti d’acqua, tingi il suo pube -di neve –caduta- sull’appartamento di una, tua, Portland Fantiana -; ordinazioni cervellotiche, Bob, disponi al branco… inventi architetture illegali per rimediarti lo scarto del pene di Dio : droga, farmaci per gli animali politici– rami abbandonati nelle aree rottamate di una città, per gli Dei. Di chiarore lunare, bevi il silenzio, brindando ad una tua ipotetica felicità; le pattuglie sono la tua mancata musica classica, i viaggi li hai già consumati, i pasti sono lo scarto di un cane prossimo alla morte. Ti sbattono le porte in faccia, crolli, perdente come Gesù Cristo, lesso in una vasca per delfini rimbambiti . Ti acquatti tra i capelli della rossa Diane, intravedi cucchiaini di yogurt sabbioso… i brividi dell’ignoranza crepano di “crepacuore” nel tuo diaframma: i cappelli sul letto ti dicono 1000 anni di sventure; Kafka avrebbe sintetizzato il malessere dell’uomo dietro la finestra, come : una sintomatica soluzione a : “La Tana”. Bob, se tu avessi conosciuto Magritte avresti fotografato, con pennelli intinti nell’olio colorato, te stesso, scostante la tende, prima del teatro dei mimi.
Fasci il cranio di garza impura, macchi di rossetto il corpo di un membro del gruppo( Nadine)… ma il cappello, il cappello deve riposare sul pavimento, MAI SUL LETTO. Non c’è nulla da fare se “il maligno” ti adocchia, se la “sfortuna” edifica reggimenti catastrofici sul tuo corpo fantasma, sulla tua mente aggrottata , sulle tue esalazioni soporifere quando, di notte, gli sbirri t’acchiappano nel sogno della cattura. C’è sempre una vecchia vicina stuprata, quando affitti una camera; ci saranno sempre riunioni di sceriffi nelle ali di un insetto sbigottito che tu manchi: quanta merda devi ingoiare prima di demonizzare “ IL CAPPELLO SUL LETTO”.
Poi… P,p,p-OI:
“ Io Bob, il cocco di mamma… Non pensate che fosse una vita facile. Io e Diane eravamo sposati, lei aveva due passioni : me e la droga….
Ma in fondo sapevo che non avremmo mai potuto vincere, il nostro era un gioco in perdita…”
P,p,p-OI: l’ambulanza in compagnia del “tutto deciso” ha portato via Bob Hughes.
“E’ colpa di questa vita fottuta, non sai mai quello che ti succede dopo… Bisogna saper riconoscere i segnali, il cappello sul letto era un avvertimento… ho pagato il debito al cappello”
I segnali: il rosso nelle borse degli occhi che luccica nel faro di plastica; le finestre smosse dalle tende scostate, la fottuta vita “scostata” dalla pioggia del pensiero di Bob semimorto.
“ Sono tutti bambocci, figli della tv, stupidi; a furia di vedere sul piccolo schermo gente che fotte, si ammazza, si rovina… non capiscono più niente. Credono che sia tutto lecito, che sia giusto vivere così”.
Bob traslocò dal mondo, dalla stanza, dal congresso di sceriffi che un Kafka impasticcato aveva progettato scrivendo : “La Tana”.
“ Non poteva essere un congresso di becchini?”.
No.