E poi ti ritrovi una mattina a sorseggiare caffè, e a guardare spazi che non sono tuoi ma che, finalmente stanno facendosi posto accanto a te. La luce alle tue spalle ti ricorda che è presto, troppo presto per mettere a posto i pensieri ma ancora di più per poter tirarli fuori. I tuoi occhi ancora assonnati, ma troppo vivi per essere chiusi, lasciano intravedere tutto ciò che hai chiuso in quelle mura e che solo ora riesci finalmente a scrutare.
Qui non hai spazio per pensare, vivi sola ma non hai spazio per pensare. Per te spazio è quel luogo in cui difficilmente non ti siederesti, magari a terra, come piace a te, ad ascoltare i tuoi pensieri. Parli da sola, e ridi. Ridi di te e di tutte le cose di cui ogni giorno ti meravigli, di tutti i colori che continui a mescolare creando sfumature uniche che sai già di non poter più ricreare.
Stamattina niente latte, stamattina niente voci, stamattina è pioggia e silenzio. E tutti con la stessa idea. Ma a te non interessa, a te la pioggia a giugno fa simpatia. E poi oggi sole non ne vorresti. Oggi è musica e cioccolata. È suono e sapore. È colore e magia. Oggi sei tu.
Il vicino si prepara per andare a lavoro. La tua casa dorme ancora. L’aroma del caffè si è ormai poggiato ovunque e a te sta venendo fame. Eppure le tue mani sono lì a fissarti e chiederti di uscire, ma tu le metti di nuovo giù e torni a scrivere. Quasi il tempo si fosse fermato. Quasi non fossi già sveglia da qualche ora. E così tutto s’incanta al tuo riflettere. Le parole timide e i bicchieri da asciugare, i capelli arruffati e la malcelata dolcezza. La lancetta si muove ma non te ne accorgi. Ora sei tu a fissare le tue mani. La tua storia la nascondono anche loro. Forse sono le uniche a portare i segreti insieme a te. Ecco perché in fondo, seppur brutte, ti piacciono.
Esiste, ogni giorno, nelle tue lunghe ventiquattro ore, un momento in cui tutto è perfetto. E non parlo di quella perfezione. Niente karma, niente ordine, niente felicità, niente amore, niente lavoro, niente di tutto ciò che riesci a sentire o a vedere. Parlo di quel secondo, tra i non so quanti che compongono un giorno, in cui tu, qualsiasi cosa stia facendo o pensando (potresti anche star dormendo), apri gli occhi e ti risvegli dal tuo eterno sonno fiabesco. Come se qualcuno ti chiamasse improvvisamente. E tu, solo per un secondo, sgrani i tuoi occhi curiosi, ascolti e poi ti rimetti a dormire. In quel piccolo momento tu riesci a vedere. E se solo ti accorgessi ogni volta di quel secondo, se solo riuscissi a vederlo e viverlo ti sveglieresti realmente, come stamattina. Ma tu preferisci dormire.
Hai già perso il conto di tutti i treni che hai sentito passare. A certi rumori fai l’abitudine. Altri ancora non riesci a distinguerli. Ma stamattina hai disegnato su una tela di legno e hai baciato i tuoi ricordi. Hai fuso i tuo sensi e hai lasciato che ti facessero compagnia. Qualcuno ha provato ad abbracciarti.
Ora anche la moka ha iniziato a fissarti. Il caffè è quasi finito. Questo si che è un buon motivo per alzarsi ed uscire.