Nel 1912, in poche ore, Franz Kafka scrisse uno dei suoi racconti più famosi: La Condanna (Das Urteil).
Il Protagonista, Georg, imprenditore dell’alta società, intrattiene uno scambio epistolare con un amico trasferitosi a Pietroburgo. Nelle prime pagine leggiamo il turbamento e la paura di Georg di confessare all’amico i suoi successi sul lavoro e il suo fidanzamento con una donna di buona famiglia, Frieda.
Il motivo è presto svelato: il destinatario delle lettere ha subito un inaspettato e drastico fallimento dopo essersi trasferito in Russia; Georg, inoltre, lo immagina sempre solo e privo di conforto.
Con empatia e compassione, il protagonista del racconto rimanda continuamente il momento di svelare all’amico i cambiamenti della sua vita. Dopo aver parlato a Frieda del suo amico a Pietroburgo, Georg è costretto dalla donna a scrivere all’uomo per confessargli i lieti avvenimenti.
Prima di spedire la lettera, Georg chiede consiglio al padre, uomo anziano e da poco diventato vedovo.
Assistiamo, a questo punto, all’entrata in scena del vero protagonista del racconto: il padre di Georg. Egli appare inizialmente indifeso, smemorato e, successivamente, quasi pazzo. Dopo aver ascoltato le parole del figlio, scoppia una lite furibonda tra i due. Il padre accusa Georg di aver trascurato tutti perché invaghito di una donna, gli rimprovera di essere una persona diabolica e pronuncia, infine, la sua condanna: l’annegamento.
Il conflitto padre figlio è sicuramente il nocciolo della storia. A questo tema Kafka dedicherà vari racconti, fino ad approdare nel 1919 alla famosa Lettera al padre ( che potete trovare commentata nella sezione Racconti).
Il padre de “La condanna” non è, probabilmente, un padre reale, ma solo una proiezione del figlio, una figura simbolica o allegorica.
L’alter ego dello scrittore, Georg, soffre la presenza ingombrante di suo padre, non si sente all’altezza delle sue aspettative ed è divorato dai sensi di colpa; la felicità è letta come un tradimento, un voltafaccia nei confronti del genitore che invecchia, perde gli affetti e le forze.
Tutte le emozioni negative assumono la forma di una sentenza di morte, pronunciata dalla bocca di colui che ha dato la vita.
A questo punto Georg sembra non avere scelta, si getta nel fiume e paga la sua colpa. Quale colpa? Probabilmente quella di non essere nato come voleva suo padre.
E’ un destino che accomuna tutti, un tradimento inevitabile.
Georg non sopporta, non ha la forza e si autopunisce, immagina una condanna e la porta a termine.
Esempio da non seguire, neanche simbolicamente. Il tradimento più grande che possiamo immaginare per noi e per chi ci ha generato, è proprio uccidere la parte più autentica di noi stessi!