Questa di oggi è un’altra data storica. Il 26 aprile 1859 infatti, incominciava la seconda guerra d’indipendenza italiana, conclusasi il 12 luglio dello stesso anno. Tale guerra vide combattere l’esercito franco-piemontese contro gli austriaci, e la sua conclusione non solo permise il ricongiungimento della Lombardia al regno di Sardegna, ma pose le basi per la costituzione dell’unità d’Italia avvenuta appena due anni dopo.
Antefatto importante di questa vicenda storica, sono gli Accordi di Plombières, intesa verbale stipulata segretamente il 21 luglio 1858 tra l’Imperatore di Francia, Napoleone III e il Primo Ministro del Piemonte, Camillo Benso Conte di Cavour. Accordi rafforzati e modificati nel gennaio del 1859 con l’Alleanza sardo-francese, con la quale l’Impero di Francia si impegnava a combattere a fianco al Regno di Sardegna in caso di attacco austriaco. La contropartita era la cessione della Savoia e della città di Nizza alla Francia. Condizione necessaria dell’accordo era che l’Austria dichiarasse guerra. Pertanto dal 1859 il governo piemontese attuò un comportamento provocatorio nei confronti dell’Impero austriaco. Attuò anche una politica di riarmo, contravvenendo in tal maniera, agli accordi di pace stipulati il 6 agosto 1849. In previsione dello scontro armato che poteva avvenire, tornarono in Italia anche Mazzini e Garibaldi, al quale fu affidato il compito di arruolare un corpo di volontari a cui venne dato il nome di ‘Cacciatori delle Alpi’.
L’Impero Austriaco nel frattempo, il 19 aprile 1859, aveva posto un ultimatum al governo piemontese di disarmare le proprie truppe. Tale ultimatum fu consegnato il 23 aprile successivo a Cavour, e la sera del 26 aprile, poichè il Piemonte rispose negativamente alla richiesta austriaca, la guerra poté considerarsi aperta. L’Armata Sarda si attestò tra il Po e il Tanaro per fronteggiare gli austriaci, ponendo il quartier generale a S. Salvatore. Le truppe francesi arrivavano lentamente, incominciando ad entrare nel territorio sardo attraverso le Alpi o sbarcando a Genova. Il 29 aprile l’esercito austriaco, sotto il comando del generale Ferencz Gyulai, invase il territorio piemontese attraversando il Ticino nei pressi di Pavia, occupando il 30 Novara, Mortara, Gozzano, il 2 maggio Vercelli, il 7 Biella. L’avanzata austriaca non veniva ancora ostacolata dall’esercito piemontese, accampato tra Alessandria, Casale e Valenza. Gli austriaci si erano avvicinati tantissimo a Torino, ma arrivò un ordine chiaro da Vienna. Ovvero quello di spostare il teatro delle operazioni nei pressi del Mincio. E così Gyulai invertì il senso di marcia, spostandosi oltre il Sesia verso la Lombardia. Con tale mossa gli austriaci rinunciavano praticamente a battere separatamente l’esercito piemontese e quello francese, concedendo così il loro ricongiungimento. Intanto il 12 maggio Napoleone III sbarcava a Genova ed il 14 raggiunse il campo di Alessandria per prendere il comando dell’esercito franco-piemontese. Il 20 maggio ci fu un primo scontro a Montebello tra le truppe franco-sarde e le truppe austriache, con i primi che trionfarono sotto la guida del generale Forey coadiuvato dal colonnello della cavalleria sarda, Morelli di Popolo.
Nel frattempo i ‘Cacciatori delle Alpi’, dal 20 maggio iniziarono il trasferimento verso il Lago Maggiore con lo scopo di tenere occupata l’ala destra dell’esercito austriaco. Il 22 maggio dopo aver passato il Ticino, conquistarono Sesto Calende, e la sera del 23, Varese. Gli austriaci tentarono di riconquistare entrambe le città, ma vi riuscirono solo con la prima delle due. Il 26 maggio però, Garibaldi abbandonò con il suo corpo armato Varese per dirigersi a Como, nella quale entrò vittorioso la sera del 27, dopo la battaglia di San Fermo. Queste vittorie valsero a Garibaldi la medaglia d’oro al valor militare e la nomina di ‘Maggiore Generale’. Il 31 maggio gli austriaci riconquistarono comunque Varese, per poi abbandonarla definitivamente il 5 giugno.
Tra il 30 e 31 maggio intanto, i piemontesi dei generali Enrico Cialdini e Giacomo Durando, ottennero un’importantissima vittoria nella battaglia di Palestro. In tale operazione, fu affidato un contrattacco agli zuavi del colonnello de Chabron, dove vi partecipò anche il re Vittorio Emanuele II di Savoia, al quale venne dato il titolo onorifico di ‘caporale degli zuavi’. Ma anche i francesi avanzavano. Il 2 giugno ottennero una vittoria contro gli austriaci nella battaglia di Turbigo, e due giorni dopo si ripeterono nella battaglia di Magenta, dove brillarono soprattutto i generali Patrice de Mac-Mahon e Auguste d’Angély, i quali furono promossi a ‘marescialli di Francia’, ma anche i generali Emmanuel de Wimpffen e il generale Manfredo Fanti, quest’ultimo, a capo dell’unico schieramento sardo impegnato nella battaglia in questione. Così, il 5 giugno l’esercito austriaco, sconfitto, lasciava Milano, dove il 7 entrava Mac-Mahon onde preparare l’entrata trionfale del giorno dopo di Napoleone III e di Vittorio Emanuele attraverso l’arco della Pace e la piazza d’armi. Il 9 giugno dunque, il consiglio comunale di Milano, dopo una votazione, sanciva l’annessione della Lombardia al Regno di Vittorio Emanuele II. La flotta franco-sarda si insediò successivamente nell’isola di Cherso e in quella di Lussino, dove i tremila uomini scesi a terra, furono accolti dalla popolazione festante che per l’occasione sventolava il tricolore.
Ma la guerra non era ancora finita, perché gli austriaci si raccolsero oltre l’Adda, per poi insediarsi nella cittadella fortificata di Melegnano per rallentare l’avanzata franco-sarda. L’8 giugno, in tale città, ci fu uno scontro sanguinosissimo nel quale caddero molti uomini di entrambe le armate, ma furono nuovamente le truppe di Gyulai a cadere, tanto che una volta giunti a Verona, l’imperatore austriaco Francesco Giuseppe, decise di prendere il comando delle operazioni proprio al posto del generale Gyulai. Lo stesso imperatore decise di ordinare alle truppe di ripassare il Mincio, tornando così ad occupare le postazioni abbandonate di recente, capovolgendo quindi la tattica difensiva di Gyulai che voleva portare le armate austriache nella zona chiamata ‘Quadrilatero’. Ma intanto, il 21 giugno, i franco-piemontesi erano oltre il Chiese, dove appunto Gyulai li aveva attirati. Gli austriaci però non immaginavano tale situazione, né l’esercito franco-sardo credeva di trovarsi entrambe le armate austriache dinanzi, credendo che la battaglia decisiva si svolgesse oltre il Mincio. Praticamente i due eserciti si trovavano completamente schierati uno di fronte all’altro ma entrambi erano ignari di ciò. Così il 24 giugno i franco-piemontesi vinsero un’enorme battaglia divisa in quella di Solferino e quella di San Martino, iniziata con l’attacco dei francesi con la battaglia di Medole.
Con questi scontri si conclusero le attività belliche della seconda guerra di indipendenza. Infatti gli austriaci furono rigettati oltre il Mincio e qui avevano la possibilità di rinforzarsi appoggiandosi alle varie fortezze dell’Impero. Dall’altra parte, visti anche i 17.000 uomini caduti nelle ultime battaglie, Napoleone III prese contatti con Francesco Giuseppe per avviare un colloquio di pace. E così l’8 luglio fu sottoscritto un accordo di sospensione delle ostilità, e l’11 luglio i due imperatori si incontrarono a Villafranca di Verona. Il 12 luglio, quando firmò anche Vittorio Emanuele II, fu infine sottoscritto l’armistizio di Villafranca.