Ogni paese ha la sua storia, ogni storia i suoi protagonisti, e ogni singola storia è legata ad un paese. È un grande cerchio o una lunga linea con tanti buchi, per dirla alla Einstein. Sta di fatto che spesso a comporre queste figure geometriche ci si ritrova ad esser in tanti; chi in prima battuta chi in seconda, è facile ricordare nomi importanti che hanno cambiato la storia, hanno cambiato paesi e hanno gettato le basi per un futuro diverso. E questi vengono (fortunatamente) celebrati in maniera costante e idolatrati (a volte in modo eccessivo) nonostante il passare degli anni. Settimana prossima festeggeremo insieme (escludendo qualche comune che ha rimosso i colori del bianco e del rosso dalla bandiera italiana) il 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Questa settimana abbiamo festeggiato (e sottolineo festeggiato) per l’ennesimo anno la donna. Mai occasione fu più adatta per dar risalto all’uno e all’altro evento attraverso un libro a mio parere onesto, pulito e profondamente intelligente. Ok, un libro non può essere intelligente starete pensando, io invece credo proprio che questo libro lo sia. Vi spiego il perché.
Per la prima volta in modo esauriente ci viene raccontato un travagliato secolo di storia attraverso le biografie, gli eventi e i nomi di donne che l’hanno vissuto e che hanno combattuto affinché venissero affermati principi e valori universali. Questo grazie a “Donne del Risorgimento – Le eroine invisibili dell’unità d’Italia”, libro nuovamente edito scritto dalla giornalista piemontese Bruna Bartolo che, dopo quattro lunghi anni di ricerche tra documenti storici, giornali dell’epoca e diari, ha finalmente portato a termine un’opera che sono sicura diverrà un piccolo mantra per molte di noi.
Il volume racconta in forma di biografia perlopiù la vita di donne che si sono distinte in un periodo di forti tensioni e cambiamenti come la fine dell’800, periodo di rivolte, guerre civili e trasformazioni geopolitiche. Facendo emergere così figure straordinarie che hanno saputo trasformare il loro tranquillo quotidiano in lotta, mettendo spesso in pericolo le loro stesse vite. «Vogliano le donne felici ed onorate dei tempi avvenire rivolgere tratto tratto il pensiero ai dolori ed alle umiliazioni delle donne che le precedettero nella vita. E ricordare con qualche gratitudine i nomi di quelle che loro apersero e prepararono la via alla non mai prima goduta, forse appena sognata, felicità!», scriveva Cristina Trivulzio di Belgioioso, patriota e scrittrice ottocentesca, nel suo breve pamphletDella presente condizione delle donne e del loro avvenire.
Lei è solo una delle tante donne presenti nel volume della Bertolo.
«Ci sono donne sconosciute come la garibaldina padovana Tonina Marinello, nota come La Masenela, che si è imbarcata vestita da uomo per la spedizione dei Mille e ha ottenuto anche il grado di ufficiale. O l’eroina di Foligno, Colomba Antonietta Porzi caduta in combattimento. Ma anche l’eroina di Gallipoli. Antonietta De Pace, una convinta mazziniana che ha lottato tutta la vita per gli ideali di libertà, fondatrice di comitati per Roma capitale, incarcerata dai Borboni. Il suo caso è stato ampiamente raccontato anche dai giornali stranieri dell’epoca»
C’è poi la giornalista inglese garibaldina. «Tra le donne che hanno saputo combattere una battaglia altrettanto se non più importante, quella delle idee, c’è anche Jessie White, giornalista inglese, colta, sensibile, attenta osservatrice della realtà sociale, non poteva che simpatizzare per il movimento mazziniano, al quale, infatti, finì con l’aderire, dedicandosi anima e corpo alla raccolta di fondi e alla scrittura di articoli sull’argomento per i giornali inglesi e americani. Fondamentale quello, apparso sul Daily News nel 1856 con il titolo «Italy for italians» (l’Italia agli italiani). Nel 1854, a Nizza, presentata da comuni amici, conosce Garibaldi, dalla cui personalità rimane così affascinata che, insieme al marito Alberto Mario, lo seguirà dappertutto nelle sue varie spedizioni, diventando la sua biografa».
E quella americana. «La mia eroina preferita è Margaret Fuller Ossoli, una giornalista americana del New York Tribune inviata in Europa nel 1847 dal suo giornale per il quale scrive dei reportage molto seguiti. Quando arriva in Italia ed incontra Mazzini è già molto famosa in quanto autrice del libro-manifesto del femminismo dell’epoca “Le donne del XIX secolo”. Mandata a seguire le vicende della Repubblica di Roma, da piazza Barberini, a pochi passi da Mazzini eletto nel triunvirato capo della Repubblica, invia dei pezzi di grande partecipazione. Quando Roma crolla sotto l’assedio del generale francese Oudinot, decide di tornare in America. La nave non arriverà mai. I passeggeri muoiono quasi tutti durante un naufragio di fronte alle coste americane. Si inabissa anche il manoscritto del libro che Margaret stava scrivendo sulla sua esperienza in Italia»
C’è poi una Caracciolo a Napoli. «Nel fermento risorgimentale a Napoli brilla la stella di Enrichetta Caracciolo, discendente dell’omonima nobile famiglia e che, non essendo la primogenita è costretta ad andare in convento dove viene perseguitata per le sue idee liberali e i libri che legge. Con l’arrivo di Garibaldi riesce a scappare dal convento e nel 1864 scriverà il libro «I misteri del chiostro napoletano» dove spara a zero contro tutte le angherie che ha dovuto subire: un inno alla libertà che viene tradotto anche in inglese e francese».
La lettura delle loro esistenze è un’esperienza formidabile. Non solo per non dimenticare che l’Ottocento risorgimentale fu il secolo in cui per la prima volta le donne cominciano a prendere parte attiva alla vita politica e sociale, ma anche perché vedere ciò che queste donne furono capaci di fare in condizioni di instabilità politica, persecuzione e controllo poliziesco, guerra, epidemie e una vita media che non arrivava a cinquant’anni, fa acquisire consapevolezza di quanto ampio sia il margine di azione per cambiare la condizione femminile oggi, nonostante esso appaia esiguo.
«Giardiniere, mazziniane, garibaldine, monarchiche costituzionali, scrittrici, eroine direttamente impegnate sui campi di battaglia, filantrope e riformiste sociali».
Questa è la donna che festeggio. Questo è il paese che celebro.