Il mare sale e sbatte, uno di noi rotola verso di loro,
quello punta il fucile, il nostro alza le mani.
Un ‘onda gli rovescia l’equilibrio, lo manda in bocca all’arma
quello spara, il colpo spinge e me lo butta in braccio.
Morto sfondato in petto, noi facciamo un rumore di foresta,
punta l’arma su di noi, la tempesta ci copre.
Svestiamo l’ammazzato, l’anziano benedice a nostra usanza,
mezz’ Africa battuta sotto i passi, morire senza posto per i piedi.
E sia così, deserto per deserto, darà sangue dalle branchie,
le mani scure scenderanno a mungere le meduse.
L’anziano inventa la benedizione, solleviamo il compagno,
gli prometto, mentre il mare lo prende, gli prometto.
Affonda a braccia spalancate, gambe larghe da salto,
da padrone di tenda che riceve,ospite il mare.
E’ venuto il suo giorno senza sera.
Ancora giorno terzo, di notte mare contro fianco,
il marinaio gira la punta al vento.
Meglio per la barca, peggio per noi sbattuti per il lungo
stretti per non invadere i metri del fucile.
Uno crolla fino ai loro piedi, quello con l’arma si alza
il nostro, stanco, s’accuccia per morire.
Un’ondata punta la brca in giù verso di noi
l’uomo con il fucile cade a faccia avanti.
Afferro l’arma dalla parte del ferro, lui la stringe dal legno,
gliela tolgo, l’alzo sopra le braccia e lancio al mare.
Una forza di ondate nel mio corpo pareggia la tempesta,
pianto le gambe nel mezzo della barca, si fa largo intorno.
Il nostro Dio comanda di provar meraviglia
davanti a tutto quello che viene incontro a noi.
Lascia alla meraviglia un tempo, fino al sangue,
poi lascia fare a noi.
Dalla camicia sfilo la mia lama, sono addosso l’uomo
l’apro dal basso ventre in su, poi lo rovescio in mare.
Il marinaio al timone si fruga addosso un arma, grida,
tutto il mio corpo è il manico di un ferro per squartare.
Fosse un uomo salterebbe nei metri di nessuno
dove sto io peri combattimento.
Resta al suo posto, vado con il coltello basso e pochi passi,
quello si volta al mare, i butta dentro vivo con le scarpe.
Siamo senza guardiani e senza guida
nella corrente, giro il timone, torna di fianco il mare.
La barca è un pezzo i terra preso a colpi di vanga,
i viaggiatori sciolgono le gambe, occupano i metri.
Dal bagaglio dei marinai guadagniamo una tela, cibo,
dividiamo, l’anziano dice questo è un comunismo.
Da giovane era all’università di Mosca,
dice che è territorio libero la barca adesso nostra.
E’ stata la tempesta che me l’ha spinto addosso,
a mare calmo non veniva il momento, gli rispondono.
Niente di noi dipende da noi stessi, mkubwa, anziano,
nemmeno il comunismo di una braca, sotto il vento.
Ecco è tolto il comando agli assassini
ma non siamo padroni, spetta al mare decidere i noi.
Stiamo più larghi, c’è per tutti da stendersi al riparo,
vengono pensieri di futuro, l’anziano dice che è la libertà.
Erri De Luca
Canto di promesse vacue, dettate, stanche cariche di fame e sonno e cattivi odori e voglia di morte, e voglia, e parole le une sulle altre coll’acqua di mare che incrosta ed inghiotte. Epica, racconto di tempi remoti, ma coi nostri numeri; cosa governa poi la libertà? un pezzo di ferro con il calcio di legno? cosa divide chi scappa e chi spera che gli altri scappino? che vadano via mentre loro possano tornare carichi di possibilità!
I pezzi tratti da “Solo andata” sono racconti reali, sono menestrelli straccioni narranti storie toccate e realistiche, di carne e pidocchi, di paura e visioni. Di coraggio armato dalla disperazione. Una mini-odissea priva di geni e di dei, ma umani moti e anziane previsioni.
Tutto è colmo! tensioni, e spazi, spaccati e corrosi, di violenza, parole, di quella unica voglia di posarsi s’una terra che non sia più di legno o ferro, di movimenti bruschi, di passioni centuplicate ed osservate perennemente, come un Fratello Maggiore che controlla ma non pensa se il viaggio continua oppure finisca senza rumore.
Erri De Luca, ex-attivista, poeta, romanziere, ex-muratore, napoletano.
Fuggiasco dalla sua Napoli, giovanissimo, come gli eroi delle sue avventure…..