Una specie di manuale per ragazzi alle prese con ragazze. I ragazzi sono imbranati quando si parla di amore. Sono imbarazzati, antipatici. Pensano che tutto sia difficile e inspiegabile o addirittura sofisticato. Molte volte i ragazzi fanno cose stupide e imbarazzanti soltanto perché non ci pensano veramente.
Tutti amiamo raccontare. Storie. Storie di vita, storie di libri, storie immaginarie. Ad Alessandro Baronciani piace raccontare una storia. L’ha fatto di nuovo, di fronte ad una ciurma raccolta sul ponte di una scialuppa, ferma in acque salate.
Aveva sette anni quando per la prima volta passando dinanzi all’edicola sotto casa, fu improvvisamente colpito da un’immagine, una copertina, disegnata, a colori. Bastarono poche settimane. Così andò da Algide, la proprietaria dell’edicola. Fecero un accordo. Lui l’aiutava nel lavoro, lei lo pagava con l’unica moneta a lui conosciuta: i fumetti.
Oggi Baronciani è un fumettista, affermato, affascinato e in continuo pregresso movimento. Dopo ventitré anni e “qualche” esperienza passata, pubblica “Le ragazze nello studio di Munari”. Una graphic novel, apoteosi di nero, tratti e parole mai messe a caso, mai nascoste. E non aspettatevi istruzioni su come leggerlo (magari un foglietto con una specie di regolamento alla Risiko che spiega come fare per giocare). Niente di tutto questo. Niente da imparare. Basta soltanto leggerlo, sfogliandolo. Semplice.
Ma tutte le cose semplici sono difficili da raggiungere.
Così come raccontare un metodo, perché è il racconto che scrive il protagonista. Tutto succede nella notte in cui tre fidanzate smollano definitivamente il protagonista (collezionista di libri e appassionato d’arte), che è solito aprire parentesi continue come in una equazione matematica per risolvere piccole questioni, per ricordarsi soltanto alla fine di collegarle e di chiuderle tutte. Ma ecco che improvvisamente si trova davanti a un muro. Un muro di nebbia e per procedere deve mettere a posto tutte le risposte. E nella nebbia, si sa, sembra impossibile vedere qualcosa. Ma più ti avvicini e più capisci che c’è qualcosa da osservare. Non sa che ricordo metterà a posto perché non sa dove sta andando ma sa che c’è qualcosa. Qualcosa da sistemare.
No, non parliamo de “L’uomo che amava le donne” di Truffaut, anche se i riferimenti sono tanti (forse troppi). Qui il passato e il presente si intrecciano. Qui un fatto successo anni prima ha la stessa importanza di una cosa accaduta la notte scorsa…
E qui vien fuori Munari, l’unico “mezzo” per raccontare questa storia, un modo per semplificare cose che sembrano difficili e complesse:
Perché non facciamo una fantasia sull’alfabeto… fantastico, imprevisto, con lettere tutte diverse di dimensioni, di forma, di materia, di colore; buttate per aria con allegria…