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Guardare il mondo “Con gli occhi chiusi”

” Si trovava sempre a disagio: ed era come una cosa che non riusciva a spiegarsi. Non si affidava agli amici, e ne sentiva la mancanza. Si annoiava di tutto;[…]Stava bene sul letto,con gli occhi chiusi.”

La descrizione appartiene a Pietro Rosi, protagonista di un romanzo di inizio Novecento:Con gli occhi chiusi di Federigo Tozzi. La trama è semplice.

Domenico Rosi gestisce una trattoria. È un padre padrone ottuso e violento che tollera a fatica il figlio Pietro, disadattato e protetto solo dalla dolce madre Anna. Pietro conosce Ghisola, una coetanea figlia di contadini che ,per lui così timido e ipersensibile, è soltanto un purissimo sogno. Domenico, intuito il pericolo, caccia la ragazza dalla proprietà. Anni dopo, Pietro rincontrerà Ghisola e il nuovo incontro con la ragazza sarà fatale: Pietro vorrebbe portarla all’altare. Il finale costringerà il protagonista ad abbattere i muri che aveva innalzato tra se stesso e la vita e ad aprire gli occhi con violenza.

Il titolo del romanzo è significativo:Pietro conduce la sua esistenza con gli occhi chiusi. E’ il solo modo che il giovane conosce per difendersi da una realtà incomprensibile e ingestibile;l’unica difesa di chi non ha la forza di abitare giorno per giorno l’esistenza.

La vita amara di Pietro è stata segnata sicuramente dal brutale rapporto con il padre. L’amore malato per Ghisola è un amore che Pietro con tutti i mezzi porta al fallimento per punire, con la vista del proprio scacco, chi gli ha cagionato quell’impotenza psicologica di amare.

Pietro è un inetto e la sua figura è emblematica di un disagio esistenziale che è al centro della grande narrativa e in genere della cultura novecentesca. L’uomo, nel ritratto di Tozzi, si sente estraneo, assediato dall’incomprensione; la sua sete di affetto si trasforma in disperata solitudine.

La figura idealizzata di Ghisola fornisce al protagonista un sollievo momentaneo. La donna è  un autentico polo di attrazione sessuale ma di lei Pietro non conosce quasi nulla, né la vita che conduce né la sua reale essenza.

Chiudere gli occhi è un meccanismo molto diffuso; idealizziamo persone e condizioni umane e questo porta a sentirci frustrati e infelici. Pensiamo di aver incontrato l’uomo (o la donna) dei nostri sogni , ma puntualmente è quello che  non ricambia i nostri sentimenti e mortifica il nostro affetto. I più fortunati riescono ad uscire dal tunnel delle proiezioni e a riconoscere che chi hanno di fronte non è il principe azzurro, anche perché il principe azzurro per fortuna non esiste.

Non so definire l’amore, forse indefinibile per sua natura. So, però, che il primo passo per trovarlo davvero è spogliare gli occhi da veli, avere il coraggio di guardare senza mediazioni.

L’amore è costruire e costruire è sapere e potere rinunciare alla perfezione.