Il mondo è una strana forma d’alienazione: quando ci vivi dentro, sembra non appartenerti e quando sei sul far della sera, all’ultimo battito di ciglia, il mondo appare la cosa che conosci di più, quella che ti ha tenuto compagnia per tanti anni, con tante gioie, passioni e dolori, con i suoi uccelli colorati e le sue sensazioni variopinte.
A chi non è capitato di sentirsi alieno nella propria vita? Come se qualcuno ci avesse appioppato un posto che in realtà non era quello adatto a noi? Come se ci sentissimo scissi dal nostro corpo, dai nostri pensieri che ci appaiono spesso insensati e fuori luogo? A chi non è mai accaduto di sentir parlare sua moglie, suo marito o semplicemente una persona estranea e capir di aver sbagliato tutto? Quante volte avreste voluto vivere nelle vite degli altri, saltando da una all’altra come una rana sulle ninfee di uno stagno?
Ecco di cosa parla questa favola moderna: riflessione. Il significato profondo di ogni rigo restano le domande che ti fa sorgere, come una fonte d’autocritica ed autovalutazione continua. Tomàs è il protagonista di questo viaggio interiore, un uomo che non sa come combattere i suoi fantasmi che appaiono insormontabili e mostruosi, ma una notte si ritrova in un posto sconosciuto ed attraverso una serie d’incontri particolari che lo porteranno a riflettere sui propri punti forti e sulle debolezze a cui tutti siamo soggetti, riuscirà a dare una nuova direzione ai suoi giorni grazie alla conoscenza profonda del dolore e dell’amore che come fonte eterna di speranza, attende isolata che gli uomini vengano ad abbeverarsi alle sue sponde.
Quando sono andata in libreria ed ho scelto questo tra innumerevoli titoli, due sono state le cose che mi hanno colpito e steso in terra come un toro preso a’ laccio:
1. Il titolo eccezionalmente descrittivo ed affascinante, che rende appieno l’idea fulcro della favola moderna.
2. La copertina. Quel cuore in gabbia mi ha fatto riflettere molto. La mia moleskine è piena di riflessioni inerenti a quel cancelletto chiuso.
“Non è tutto oro quello che luccica.” Frase sacrosanta per descrivere questa magnifica idea di fondo ma priva di contenuti reali e di uno stile adeguato ad un nome così tanto preso in considerazione come quello di Gramellini. Da un giornalista del suo calibro, di certo non ci si sarebbe aspettati una scrittura così noiosa e ampollosa.
Gramellini ma cosa mi combini?
Per arrivare “all’ultima riga” di questa favola, ho dovuto fare un climbing tra una citazione magnifica, figlia unica di madre vedova e l’altra. Insomma Massimo, ti adoriamo per i tuoi “Buongiorno” e ti perdoniamo per questo libro.
E come ogni favola che si rispetti, concludo con un sempre atteso e banale lieto fine: E vissero tutti, felici e contenti. 😉