Nella sua vita ha svolto numerosi mestieri,i quali per la maggior parte richiedevano una notevole forza fisica. Poi si è messo a scrivere,che tipo di forza richiede invece la scrittura?
Nessuna forza. Nessuna. Richiede un pò di concentrazione, almeno nel mio caso. Quel tempo che dedico alla scrittura (che comunque è poco) vuole essere un tempo di buon assorbimento, di buona concentrazione, di buon isolamento.
Eduardo de Filippo si rivolse ai suoi concittadini partenopei più giovani che avevano talento e voglia di fare con il celeberrimo ‘Fuitevenne’, invintandoli ad abbandonare la città. Lei che si sente di dire oggi ad un giovane della città di Napoli?
Oggi questa frase la estenderei al resto d’Italia: Perché un giovane che si trova nel nostro Paese, con la voglia di fare, dimostrare il suo valore, deve restare in coda in una eternità di precariato senza fine? Lo direi a qualsiasi giovane italiano, non solamente ai Napoletani. Gli direi: “vai ad applicare il tuo valore altrove”. Ritornare dopo tanto tempo è una immagine del possibile destino ma uno che riesce a piantarsi bene come un chiodo su un legno difficile in un posto lontano e remoto, è difficile che torni.
”Insubordinato cronico” si è autodefinito così;il suo ultimo libro s’intitola “Rivolte Inestirpabili” e tra le ultime righe è inciso un concetto quasi struggente:”Chi non sa i gridi non sa niente..”Questo continuo senso del combattere,un sentimento innato che lei nutre sin da giovanissimo,ove il binomio “diritto-dovere”sembra quasi urlare al mondo la sua esistenza..e il silenzio invece? Cosa legge Erri De Luca nel silenzio,omissione o rassegnazione?
Nel silenzio ci può essere anche il raccoglimento, il pensiero di costruire e progettare qualcosa. Il silenzio è fertile: può anche contenere il germe dello scatto e dell’ira.
Una volta in tv,parlando del terremoto,ha sottolineato la grande resistenza di un libro,capace di sopravvivere a tale calamità,l’estremo valore che il cartaceo non deve assolutamente perdere .Cosa ne pensa lei della letteratura raccontata nel web?Un libro “virtuale” è sempre un libro?
Credo di no. Per la mia esperienza fisica ho bisogno di impugnare quel fascio di fogli di carta rilegati: Internet è comunicazione, è velocità, allargamento delle possibilità, però non è un libro. Credo che quando si moltiplicheranno anche da noi gli ebooks letti direttamente sullo schermo, in ogni caso non mancherà il desiderio del libro. Il libro resterà un bisogno di toccare, di conservare, di custodire la storia in quel modo.