E poi? Come continua il racconto?
E’ questo il bello: il racconto non continua, o meglio non ha ancora una fine certa. Sta a Voi creare l’epilogo.
Inventare un racconto ha le sue difficoltà, questo è indubbio, ma completarne uno già imbastito è a mio avviso stimolante.
E allora, perché non provarci?
Vi invito a terminare la storia secondo il Vostro criterio e gusto letterario.
Chi è quella donna? E perché quell’uomo non ha mai visto il bar all’angolo prima di allora? E ancora, come si inserisce nella storia la silhouette del nuovo personaggio?
Lascio dunque a voi la parola, o meglio in questo caso la penna!
Unico limite di questo “gioco letterario”: la Vostra fantasia!
Inserite pure il vostro finale nei commenti entro il 15 Dicembre: i 3 più belli (a nostro insindacabile giudizio) riceveranno in regalo un libro a scelta dalla classifica dei top100 di IBS (trovate qui l’elenco).
Siete pronti? Buona scrittura!
E’ una fredda sera d’inverno. La pioggia ha finito di cadere da poco. Un uomo alto e dinoccolato, dall’apparente età di quarant’anni, cammina a passo svelto, evitando le numerose pozzanghere, immerso nei suoi pensieri. A un tratto l’uomo si arresta, colpito da un riflesso violentemente colorato che interrompe la monotonia del selciato intriso d’acqua. Seguendo il suo sguardo scorgiamo, all’angolo della strada, l’insegna luminosa di un bar. Dopo un attimo di esitazione l’uomo si avvicina alla porta a vetri del locale ed entra. L’interno non ha nulla che lo distingua dai tanti altri bar della grande città. Ma è completamente deserto. Dietro il bancone si innalza un grande specchio, solo in parte coperto dalle bottiglie dei liquori, allineate sugli scaffali.
L’uomo si avvicina al bancone e interpella cortesemente il barista. ”Buona sera” dice ”da quanto siete aperti?”
Il barista, un ometto calvo, di età indefinibile, guarda interdetto il nuovo venuto;
sembra non avere ben compreso il significato della domanda. ”In che senso, signore?” risponde, a bassa voce, come se nella immediate vicinanze ci fosse qualcuno addormentato.
”Niente, così… Passo spesso per questa strada. Il vostro locale non l’avevo mai visto. Ne deduco che sia molto recente”.
”Si sbaglia, se posso permettermi di farglielo notare. Siamo aperti da almeno dieci anni”.
L’uomo scuote la testa, stupito. ”Strano, davvero strano. Avrei giurato… Ma non ha importanza”.
Posa il cappello e si siede sullo sgabello. ”Bene. Mi dia un whisky, anzi no, una birra, per piacere”.
Passano alcuni secondi prima che la mano dell’uomo si accosti al boccale, riempito dal barista con improvvisa solerzia. Ma alzandolo verso le labbra, l’uomo si accorge, attraverso la specchiera, che una figura femminile ha fatto il suo ingresso nel bar e si sta avvicinando al banco. La donna si volta un paio di volte indietro, quasi temesse di essere seguita. Si tratta solo di due brevi gesti del capo, che tuttavia sembrano tradire una segreta inquietudine. Però quando la donna si siede su uno degli sgabelli, quasi a fianco dell’uomo, ci sorge il dubbio che quella impressione fosse infondata. Perché la donna appara evidentemente rilassata e a suo agio.
Probabilmente è una frequentatrice non occasionale del luogo. Di certo è particolarmente bella. Veste con eleganza e ha occhi mobilissimi, resi ancora più affascinanti da un trucco raffinato. Vistasi osservata, la nuova venuta ricambia senza imbarazzo lo sguardo. I suoi occhi fissano con percepibile intensità il volto dello sconosciuto. La loro espressione enigmatica potrebbe essere interpretata in modi anche diametralmente diversi. Poi la donna si volta verso il barista e fa l’atto di chiedere qualcosa. Però l’uomo, incoraggiato da quel fugace intreccio di sguardi, la precede.
”Posso avere il piacere di offrire io?”
Non lo avesse mai fatto. La donna lo fulmina con una espressione di disgusto. ”Come si permette!” esclama ad alta voce ”Insiste nel prendermi per una puttana?”
Quell’imprevista aggressione verbale sconcerta l’uomo. ”Insisto? Veramente..io..” risponde quasi balbettando ”Lei mi ha frainteso, non intendevo… mi scusi”.
”Non si renda ancora più ridicolo. Mi lasci in pace, una volta per tutte”. La bella donna volta di scatto le spalle all’importuno e fa un cenno al barista ”Alfredo, mi dia una vodka ghiacciata”. Nella sua voce è scomparsa di colpo ogni traccia di collera.
L’uomo non sa come reagire. Si guarda intorno indeciso, poi si alza, prende il boccale di birra, si avvia verso un tavolino, dalla parte opposta del locale e si siede pesantemente. Lungo il percorso ha afferrato un giornale e ora finge di immergersi nella lettura, sorseggiando la birra. Dai suoi gesti comprendiamo che cresce in lui l’irritazione per la brutta figura che la sconosciuta gli ha fatto fare senza motivo. E’ anche probabile che si rammarichi di non aver avuto la presenza di spirito di rispondere per le rime a quella ”stronza”.
Intanto al bancone la giovane donna sta parlando a bassa voce con il barista.
Entrambi, a tratti, lanciano brevi occhiate in direzione dell’uomo. Sembra un dialogo serrato, di cui però non ci giungono le parole. A un tratto la donna si alza con decisione dallo sgabello e si dirige verso il tavolino occupato dall’uomo.
”Le dispiace se mi trattengo con lei un attimo?”
L’uomo abbassa di colpo il giornale e fissa la donna, incredulo. Non risponde, ma fa un gesto con la testa per indicare la sedia libera, di fronte. La donna si siede. Accavallando le gambe con provocatoria civetteria. ”Sento che tra noi serve un chiarimento”.
”Lasci perdere”.
”La prego, me lo permetta”. La voce è quasi un sussurro. Un sussurro molto sensuale.
Nessuno dei due sembra accorgersi che proprio allora la silhouette di una nuova persona si è stagliata per qualche istante in controluce di fronte alla porta-finestra.