Dal 15 al 21 novembre scorso, si è svolta la settimana dei diritti dell’infanzia. Esattamente sono 54 i diritti sanciti dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia che quest’anno ha compiuto 21 anni. Tale Convenzione, approvata dall’assemblea generale dell’Onu nel 1989 ed entrata in vigore nel 1990, attualmente rappresenta lo strumento normativo internazionale più importante e completo circa la promozione e la tutela dei diritti dell’infanzia, includendo anche le libertà attribuite agli adulti in materia di diritti civili, politici, economici, culturali e sociali.
Trovo importante organizzare iniziative del genere per informare la gente circa i vari argomenti che si vogliono portare alla loro attenzione, come ad esempio la settimana di prevenzione ai tumori, la settimana dove si parla della ricerca contro il cancro e via discorrendo. Però poi non vorrei che durante tutto l’anno si dimenticasse tutto quello che si è venuto a sapere nei giorni in questione e non si pensasse più all’argomento trattato.
Pertanto non dimentichiamo che secondo i dati raccolti da Cisp-Sviluppo dei popoli sarebbero circa 93 milioni i bambini di tutto il mondo che non vanno a scuola, che sono 500 milioni i minori vittime di violenza, che sono 176 milioni i bambini che invece fanno lavori pericolosi o pesanti mentre 150 milioni di bambine e 73 milioni di bambini ogni anno sono costretti a rapporti sessuali contro il loro volere e che infine 3 milioni di bambine subiscono mutilazioni genitali. Non dimentichiamo inoltre, che in 85 paesi del mondo ci sono ‘bambini soldato’ che vengono arruolati in eserciti regolari e nei gruppi armati di opposizione: 250.000 di questi prendono parte ai combattimenti in 35 paesi e 120.000 solo nel continente africano.
A tal proposito è stata sconcertante la condanna di morte emessa contro 4 ragazzini lo scorso 21 ottobre dal Tribunale Speciale istituito nella regione del Darfur, in Sudan, a causa della loro presunta implicazione in un attacco ad un convoglio di forze governative nel Sud Darfur avvenuta nel maggio 2010. Così come ho trovato tristemente assurda la notizia risalente a marzo scorso, riguardante un coppia della Corea del Sud arrestata dopo che ha fatto morire di fame il proprio figlio di appena tre mesi perché impegnata a crescerne uno virtuale su internet! Guardando all’Italia vorrei sottolineare l’allarme lanciato da SOS Telefono Azzurro Onlus, secondo il quale il 38% dei minori entrati in contatto con le linee telefoniche di tale associazione negli ultimi 5 anni, ha espresso il desiderio di parlare con qualcuno per combattere la propria solitudine. Ritengo che questo è un dato che debba far riflettere sull’importanza del dialogo per un bambino, attraverso il quale, secondo il mio parere, il minore, se abituato ad interagire con altre persone sin da piccolo, man mano che cresce, può maturare un senso critico, è sempre propenso a dire la sua opinione, a socializzare, ma soprattutto ad ascoltare con interesse cosa hanno da dire gli altri. Penso che sia sbagliato lasciare come unica via di comunicazione i social network che se usati in maniera invasiva possono diventare deleteri per l’integrazione di un bambino nella società. Dunque impegniamoci a rendere partecipi nella quotidianità i nostri bambini non facendoli sentire soli.
Pertanto cerchiamo di parlare con loro ed ascoltiamo cosa hanno da dirci, perché domandare anche un semplice ‘come va?’ o un ‘cosa hai fatto a scuola?’, in futuro, potrebbero essergli molto utili.