Ognuno di noi spesso viene a conoscenza di cose che in realtà non vorrebbe o non dovrebbe sapere.
Un libro questo, impregnato della verità che l’inchiostro e la voce non possono arrivare lì dove vorrebbero. E chi non tace ed esce cantando fuori dal coro, stona! Ed è così che si ritrova ad andar via in un’isola perduta dal mondo e tutto comincia per un caso deciso da altri, con una storia decisa da altre mani, come una leggenda che getta in una piccola isola del mediterraneo esseri che vivono fuori dal coro, tutti con la propria realtà, tutti a loro modo, isole.
Lucarelli uno degli artisti più ammirati nel campo del giallo, ha dato con L’isola dell’angelo perduto il meglio della sua poesia e dello scavo psicologico nei suoi personaggi che sembrano camminare in carne e pensieri dinanzi ai nostri occhi, mentre proviamo pena per loro. Questo è quello che accade, almeno a me, leggendo le parole senza senso di una donna staccata dalla sua realtà e che riesce a vivere in questo mondo restando legata solo ad una canzone simile al canto delle sirene, che attanaglia il marito ogni giorno della sua vita tra i mari dell’isola.
Ambientato durante il periodo del regime fascista, precisamente nel momento in cui l’Italia doveva affrontare un Mussolini macchiato dell’assassino Matteotti, questo giallo prende vita con tre diversi omicidi, ognuno riconducibile ad un tipo diverso di male, ognuno con un suo perché. L’analisi condotta dallo scrittore fa emergere nella figura di Mazzarino tutto il sangue dell’epoca buia, ogni contraddizione insita nello stesso ordine di società che il quadro d’insieme lascia trasparire. Il protagonista principale resta pur sempre il commissario che come fiocco di neve si scioglie nei nostri pensieri lasciando dietro di se irrisolti quesiti esistenziali che ci spingono ad aver pietà di lui ma anche a guardarci dentro. La sensazione giusta da dedurre da questo romanzo è solo una e credo che lo stesso autore, meglio di me, possa citarvela:
“Alla fine la storia finisce come piace al libro. Il libro ti prende la mano. Io non so mai che cosa succede alla fine. All’inizio ignoro perfino chi sia l’assassino. Lo scopro mentre scrivo. Molte volte sono in disaccordo con la storia, quando prende una piega che non mi piace molto.”
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