Giovanni Pontano ha rappresentato indubbiamente un punto di riferimento fondamentale per l’Umanesimo meridionale. Nato in terra umbra, si trasferisce giovanissimo, appena diciottenne, alla corte di Alfonso I d’Aragona, con il quale entra a Napoli nel 1448. Pontano non avrebbe abbandonato mai più la capitale del Regno, se non occasionalmente, a causa dei numerosi impegni diplomatici. Avrebbe girovagato per tutta l’Italia, in quanto Secretario maiore del re, un primo ministro a tutti gli effetti.
Mente eclettica, spirito poliedrico, cultore della forma, Pontano si cimenta in tutti i generi letterari consacrati dalla tradizione. Compreso la storiografia. In seguito alla morte di Alfonso I, nel regno infuria una cruenta guerra di successione tra Angioni e Aragonesi, aggravata da una congiura di baroni ribelli. Il De Bello Neapolitano racconta in sei libri quei terribili anni. Ma alla fine dell’opera il tono cambia radicalmente: Pontano affida, infatti, alla sua penna una delle laudationes di Napoli più belle che siano mai state scritte. La bellezza della città e del suo porto, le fortificazioni difensive, la storia e il mito, intrecciate mirabilmente fin dalla fondazione, la sapientia che ha ha sempre gelosamente custodito: tutto questo viene esaltato con impareggiabile maestria dall’umanista, che scrive mosso da un amore sconfinato verso quella città che, in fondo, egli stesso considera la sua vera patria. Splendida l’immagine della città che accoglie in grembo i sapientes, come una madre con i propri figli.
Leggendo l’encomio di Napoli, si ha la sensazione che Giovanni Pontano l’abbia voluto scrivere ad ogni costo. Il De Bello Neapolitano resta a tutti gli effetti un testo prettamente storiografico, cronachistico anzi, che racconta la Prima Congiura dei Baroni. Eppure sembra che tutta la narrazione storica sia quasi un “pretesto” per esaltare le bellezze fisiche e culturali della fiorente capitale del Regno. O magari l’excursus finale, nell’eclettica mens pontaniana, suona come una giustificazione: una guerra estenuante, è vero; ma Napoli, evidentemente, non è solo violenza e sangue. E’ anche arte, cultura, fascino, storia, mito e leggenda.
E qualcuno pensa ancora che testi scritti secoli fa non siano d’attualità…