Delitti esemplari di Max Aub, ovvero un esile libretto dal volto blu (l’editore è infatti Sellerio), che raccoglie le confessioni di gente comune che ha ucciso. Le vittime sono i vicini di casa, il passante poco accorto, il professionista che eroga una prestazione in maniera non adeguata, l’amante, il coniuge, perfino i bambini, a testimonianza che il male ci raggiunge ogni giorno con le sue insinuanti tentazioni. Le confessioni sono rivelazioni, hanno la brevità dell’aforisma, ma invece di palesare sagge informazioni sulla vita, procedono a ben altre epifanie.
Sono delitti esemplari, appunto, il gioco irriverente di un autore già abituato all’invenzione provocatoria.
Max Aub, scrittore spagnolo d’adozione dalla vena poliedrica, raccoglie, in pochissime pagine, l’essenza della frustrazione: l’uomo di tutti i giorni oltrepassa lo specchio; è sempre se stesso, ma non è proprio la stessa persona, non è lui ma è lui rivelato attraverso un gesto estremo, nato da una perversa fantasia, ma radicato in quella natura profonda, che viene fuori svellendo la giungla delle opinioni codificate, delle regole del vivere civile, dei concetti di bene e male, di questo si fa e questo non si fa.
Tolta la maschera siamo bruti, che mostrano i tatuaggi sguaiati della ferocia, l’ efferatezza di certe logiche, portate alle estreme conseguenze. Max Aub svela il mondo parallelo innescato da una banale provocazione, da un’azione continuata di disturbo, da un istinto egoista ed accaparratore.
“Uccise la sua sorellina la notte della befana per tenere tutti i giocattoli per sé”
“Lo ammazzai perché mi doleva la testa. E lui mi veniva a parlare, senza fermarsi un attimo, di cose di cui non m’importava un cavolo. Diciamo la verità, anche se mi fosse importato sarebbe stato lo stesso. Prima, guardai l’orologio ben sei volte, ostentatamente: non ci fece caso. Credo che questa sia un’attenuante di cui dovrebbero tenere conto.”
Le confessioni contengono in sé un tratto di giustificazione, come se la causa scatenante non fosse affatto banale, bensì elemento adeguato per innescare la furia omicida.
“La uccisi perché mi doleva lo stomaco”
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“La uccisi perché le doleva lo stomaco”
Eppure, come efficacemente l’autore stesso ci rivela nell’introduzione, sembra che questi gesti estremi rappresentino paradossalmente l’unica capacità di grandezza, di cui l’essere umano appare dotato.
In un tempo, sostiene Aub, in cui anche i migliori sono sfiduciati ed accettano passivamente tutto ciò che viene loro imposto, dove il dissenso è ridotto alla voce flebile della lamentazione, il mediocre tenta, nel modo rozzo e brutale che conosce, di lasciare un segno.
Di fronte all’esposizione di questi delitti la reazione che coglie il lettore è duplice: l’ironia feroce di questi scritti potrebbe trovarci altrettanto ironicamente d’accordo con l’esplosione culminante di un sentimento esasperato; dall’altro lato, la terribile convinzione della verosimiglianza, testimoniata da cronache quotidiane di reali delitti commessi per futili motivi, potrebbe, e forse dovrebbe, stimolare una diversa consapevolezza, e farci ritenere il libro un monito alla tolleranza ed al rispetto.
Per quanto, dopo la mia ultima coda alla posta…