«Dalla loggia, con pavimento di maiolica e illeggiadrita da colonnine alla base degli archi, si vedeva tutta Palermo; i tetti dei monasteri e gli agrumeti, poi il Palazzo Reale, la Cattedrale, i campanili, le cupole, il teatro Massimo e il Politeama. Le torri dell’acqua spuntavano qua e là. In fondo, il mare e Monte Pellegrino. Era come essere adagiati su un tappeto verde, e come se Palermo fosse un’isola affacciata sul mare di cobalto. Non c’era nulla di straniero in quella villa. Non c’era influenza spagnola, né barocca; era una villa del Quattrocento italiano, un retaggio della Sicilia dignitosa e indipendente, prima che il Regno diventasse oggetto di scambio ai trattati internazionali, tra le grandi potenze europpee, e colonia del proprietario del momento.»
Simonetta Agnello Hornby, Caffè amaro (Feltrinelli)
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