«Io lo sapevo che tutto sarebbe finito un giorno.
Ma non sapevo quando. E quale sarebbe stato poi il fondo. Il carcere a un certo punto diventò un’eventualità da prendere in considerazione, ma non ci credevo veramente. Se ci pensi davvero, finisci per meritartelo.
E quando ne esci sei l’ultimo dei bisognosi. Daresti l’anima per uno sguardo gentile. Lo sai e te ne vergogni come un pischello senza barba. Sei un po’ tutto un pischello senza barba in quei frangenti lì. Anche se dentro ti sei abituato a darle come si deve, mica le prendevi soltanto. E forse ti fa ridere (per modo di dire, se ogni tanto ridessi un po’ sarebbe un vantaggio per tutti e due), ma quando esci ti manca l’aria. Voglio dire, è diverso no? hai presente quando arrivi in montagna?
Ci metti un po’ per renderti conto che non è che uno passa per strada e gli sputi in faccia perché non ti piace per niente. O semplicemente per attaccare bottone. Una volta fuori dal cancello ti senti l’adrenalina così in eccesso che saresti capace di fiondare il tuo zaino a trecento metri di distanza. Ma invece te ne stai imbambolato per un po’ sul marciapiede senza sapere bene che fare. Quell’adrenalina di troppo è un guaio. C’ha un effetto alla rovescia. Ti senti mancare le gambe per un momento.»
Michele Lupo, Io sono la montagna (Epika)