Conosco appena le mani,
le scarpe che metto ai piedi.
Conosco il giorno e la notte
e i terrori del vento.
Ma gli anni? Dove son gli anni,
e tutti i libri che ho letto?
I volti amati si sfrondano
delle loro vicende,
non restano che i nomi.
Tutto nella memoria
cade a pezzi, sprofonda
senza rumore
nelle botole dei morti.
Ah, dove sono le acute presenze
del passato, le sue calde forme,
la cera su cui incidevano
i miei sentimenti?
Dove si nasconde il senso
delle cose che ho vissuto,
e i brividi lucenti
e i cieli dell’avventura?
Vittorio Bodini
Per molti un nome mai sentito. Eppure, Vittorio Bodini è stato uno scrittore italiano di discreto valore, la cui opera è stata riscoperta e rivalutata negli ultimi anni. Per tutta la sua vita si è occupato con eccellenti risultati della traduzione di poeti surrealisti spagnoli. Molti i suoi saggi anche sul barocco. La sua produzione poetica, sebbene non molto copiosa, conta componimenti molto apprezzati.
La poesia riportata “Conosco appena le mani” è uno dei testi maggiormente significativi. Un velo di malinconia percorre l’intero corpo di versi. Insieme alla malinconia scorgiamo profonda nostalgia. È una riflessione disincantata sulla precarietà dell’esistenza, sulla caducità del tempo.
Il poeta parte da una constatazione sull’assoluta mancanza di certezza che caratterizza la vita di ciascuno. L’inizio del componimento è quasi l’eco di un proverbio, di un’espressione tipica per indicare la provvisorietà e relatività del nostro presente.
Come davanti a un fiume che scorre veloce assistiamo, spettatori inermi, alla corrente della nostra vita, dei nostri incontri. Le persone e le cose in cui ci imbattiamo ci toccano soltanto, ci sfiorano per poi dissolversi senza che ce ne rendiamo compiutamente conto.
I volti amati si sfrondano
delle loro vicende,
non restano che i nomi.
Una serie di domande retoriche irrompono nel testo per ribadire ancor più fermamente questo concetto. L’ultima è il quesito che ognuno di noi si pone, soprattutto nei momenti in cui maggiore avverte l’evanescenza delle situazioni che viviamo. Il verbo nascondere è particolarmente azzeccato. Sembra proprio che il senso delle cose che viviamo si diverta a nascondersi, a non farsi più trovare.
Un componimento che ci riporta un momento di mestizia mista ad amara rassegnazione. Per quanti sforzi proviamo a fare per trattenere le nostre cose, esse inevitabilmente ci sfuggono.
La nostra consolazione è averle vissute. Probabilmente, ci hanno comunque lasciato qualcosa.