«Cortesia cortesia cortesia chiamo
e da nessuna parte mi risponde,
e chi la dèe mostrar, sí la nasconde,
e perciò a cui bisogna vive gramo.
Avarizia le genti ha preso all’amo,
ed ogni grazia distrugge e confonde;
però se eo mi doglio, eo so ben onde:
di voi, possenti, a Dio me ne richiamo»
Iacopo di Michele, meglio noto come Folgore, nacque a San Gimignano intorno al 1265-1275; fu un cavaliere di parte guelfa negli anni in cui in Toscana vigeva il predominio di Uguccione della Faggiola. Della sua vita si possiedono pochissime altre notizie: svolse incarichi militari retribuiti dal comune e fu poeta addetto alle feste e alle “brigate” private e istituite dai comuni. Morì intorno al 1330.
I valori della cortesia professati nelle corti sono riflessi nella produzione poetica di Folgore, che molto deve all’elaborazione ideologica del vassallaggio feudale presente nei romanzi allegorici francesi, unita alla tradizione della letteratura comica senese e toscana. La bellezza e la cortesia di quel mondo è cantata soprattutto nelle due collane Sonetti dei mesi e Sonetti della settimana, che elaborano il modello provenzale del plazer, un’enumerazione di elementi piacevoli e desiderabili; il genere viene innovato dal poeta e unito alla tradizione dei “vanti” dei mesi e dei giorni della settimana. La rappresentazione delle attività legate ai mesi e alle stagioni era infatti particolarmente attestata nella civiltà medievale, soprattutto dalle arti figurative.
La corona dei mesi è costituita da 14 componimenti rivolti ad una “brigata nobile e cortese”; la corona delle settimana, invece, contiene 8 sonetti in cui vengono elencati i piaceri augurati a Carlo Caviccioli.
Agli anni compresi tra il 1311 e il 1317 sono datati quattro sonetti politici, connessi al potere ghibellino e pisano in Toscana e alle sconfitte dei guelfi. A Folgore sono anche attribuiti quattro sonetti morali: Cortesia, cortesia, cortesia chiamo, Amico caro, non fiorisce ogni erba, Quando la voglia segnoreggia tanto, Fior di virtù si è gentil coraggio.