Con la pubblicazione di Ivanhoe nel 1820, Walter Scott abbandona l’ambientazione scozzese dei romanzi precedenti per addentrarsi nell’universo medievale. Mosso dall’intento di offrire al lettore la rappresentazione di un’epoca intesa come momento cruciale e decisivo della storia del Regno Unito, Ivanhoe è un’opera che ha plasmato profondamente l’immaginario di un intero popolo. Nonostante le inesattezze storiche, gli anacronismi e altri elementi d’indubbia attendibilità filologica, questo romanzo è un grandioso ritratto e una delle più avvincenti rappresentazioni del Medio Evo, un successo mondiale che s’impose come una delle opere più ammirate e imitate del secolo, e che influì enormemente su scrittori del calibro di Hugo, Dumas padre, Manzoni, Puskin e Thackeray.
Ambientato a cavallo tra il XII e XIII secolo, durante la terza crociata, fin dal principio del romanzo il lettore ha di fronte a sé il tipico esempio di romanzo picaresco, ricco di situazioni avventurose e rocambolesche. Protagonista il prode cavaliere sassone Wilfred di Ivanhoe, che solo dopo innumerevoli ostacoli riesce a sposare l’amata Rowena. Impostazione classica dei più noti romanzi cavallereschi: il susseguirsi di castelli imponenti ed emozionanti, sconfinate vallate o foreste popolate da fuorilegge, complotti, intrighi di corte e nobili arroganti, e il sanguinoso e violento conflitto tra Sassoni e Normanni che fa da sfondo all’intera storia. Tutto ciò ha reso col passare del tempo Ivanhoe il più sincero e sentito omaggio letterario all’Inghilterra di Riccardo Cuor di Leone e Giovanni Senzaterra.
Quali sono i veri ingredienti che stanno alla base di questo indimenticabile mito letterario? Innanzitutto lo scrittore è riuscito nell’impresa di amalgamare, in un equilibrio che sa di miracoloso, due poli estremi della narrativa: l’elemento fantastico e quello realistico. Scott adotta all’estremo gli stilemi del romanzo gotico, conferendo a questo “eccesso” una certa autorità. Ciò che racconta non è credibile perché non deve esserlo, eppure riesce ad acquistare spessore e profondità non appena si confonde con scene di vita quotidiana. Inoltre, questa scrittura dell’eccesso si associa a una spiccata passione per l’indagine scientifica, che si manifesta nelle descrizioni del paesaggio e in quelle a carattere psicologico dei personaggi.
Un altro elemento su cui porre l’accento, grazie a buona parte della critica marxista, è una certa tensione alla totalità, cioè il tentativo di inscenare, in maniera totalizzante, un’unica grande narrazione dove il dramma dell’elemento storico implica e determina la complessità delle vicende umane. Tralasciando l’elemento fantasioso, che nell’economia generale del romanzo non è un elemento decisivo, le condizioni di vita di un popolo sono riconducibili a una crisi storica, a un disagio che ha colpito la civiltà intera.
Lo stesso Scott ha cercato di spiegare il complesso rapporto tra individuo e il proprio tempo, e lo precisa nell’introduzione al romanzo Il Monastero:
“[…] quando la prudenza umana ha fatto del suo meglio, un evento generale, magari a carattere nazionale, arriva a distruggere i disegni dell’individuo, proprio come lo sfiorare casuale di un essere più forte spezza via la tela del ragno […]”.
Il destino è storico, nei romanzi di Walter Scott. La sua opera c’informa delle caratteristiche che deve possedere un vero romanzo storico, ma con un’aggiunta che fa dell’autore l’antesignano moderno del genere: la scoperta dell’umanità, i popoli e i loro costumi, prima dei documenti ufficiali o di ogni altra indagine scientifica. Da qui, la passione del passato da intendersi come riscoperta delle usanze popolari e delle narrazioni orali che costituiscono il fondamento autentico della cultura di un popolo, e del perché, nonostante tutto, tale cultura continua a perdurare tra passato e presente.
È solo da questa prospettiva antropologica che la vicenda storica si trasforma in una voce narrante. Il fatto, filtrato dal gioco della finzione, si trasforma in una parola scritta che dà voce agli innumerevoli piani di una realtà che sembrava perduta.
Dell’arabesco medievale Ivanhoe cerca di far rivivere la parte più ricca, emozionante e affascinante di un’epoca che non ha ricordo, attualizzandone i nobili valori per un presente che appare dominato dall’opulenza, dall’egoismo e dall’avidità.