“Tra gli ebrei tutto avveniva in modo brusco e improvviso. Fortuna e disgrazia, prosperità e miseria si abbattevano su di loro come un fulmine sul gregge. E questo li rendeva perpetuamente inquieti e inguaribilmente speranzosi”
I cani e i lupi (2008, Adelphi) è una delle prove più riuscite di Irene Nèmirovsky, ebrea nata in Russia e solo successivamente emigrata in Francia. Ada, la protagonista, sembrerebbe essere il suo alter ego sebbene siano poi altre le prove letterarie in cui l’autrice racconta di sé e della sua vita.
Forse è vero che basta poco perché l’amore ti travolga. Questo è quello che succede alla protagonista di questo romanzo e che l’autrice ci racconta in appassionate pagine, eppure non è una storia d’amore da romanzo rosa.
Kiev, in cui i Sinner vivevano, era divisa in tre zone ben distinte: quella dei ricchi, quella della piccola borghesia e infine la terza, abitata dai dannati e anche gli ebrei si erano divisi, a seconda del loro reddito e del loro stato sociale, in queste tre aree. A Kiev, la famiglia di Ada, la protagonista, abita nella città bassa, quella degli ebrei poveri; suo padre è un intermediario, un uomo umile e tenace che “campa” comprando e rivendendo tutto quello che capita, dall’oro al carbone, dal tè alle carte da parati. Harry è invece un ebreo ricco, vive nella città alta in una ricca villa su una collina e rappresenta tutto quello che Ada non è, che non potrà mai essere.
Irene Nèmirovsky ci racconta la storia di Ada che nasce e cresce guardando il mondo dal basso, sicura dell’amore di suo padre che la porta con se nei suoi viaggi d’affari sino a quando la zia Raisa, vedova, si trasferisce nella sua città con i suoi due figli, Ben e Lilla, e la sua vita viene stravolta. Un giorno Ada e Ben, messi in fuga dal loro quartiere dal Pogrom spinti dalla fame bussano e si intrufolano a casa di Harry ed è qui che la vita di Ada si trasforma realmente perché in un unico istante si innamora di lui. Le basta vederlo una volta sola, i suoi occhi posati su quel bambino ricco, ben vestito, con gli occhi grandi e penetranti per capire che lo amerà per tutta la vita, di un amore infinito che poco si preoccupa delle differenze sociali, culturali e religiose.
Seguendo le loro vite si ritrovano a Parigi, Ada e Ben a vivere di espedienti ed Harry a condurre la vita agiata cui è avvezzo. Nel silenzio della sua casa Ada dipinge, con i suoi occhi guarda da lontano Harry e silenziosamente lo ama. Caparbia come tutte le donne di grande coscienza arriverà ad Harry che conoscerà l’amore di Ada, l’odio di Ben, nel frattempo diventato suo marito.
Questa storia è l’occasione di presentare il mondo, la cultura, la mentalità e le storie di un mondo, quello ebreo, spesso conosciuto solo per gli eventi storici che ne hanno segnato la vita. Ada è una donna particolare, dura e onesta, in cui si concentrano le contraddizioni di un popolo, contro tutta l’umanità che la circonda, egoista, calcolatrice e irrazionale. La storia di un amore che si mescola ai vizi e alle virtù degli uomini e che non ne esce vincitore solo per un breve istante. Vitale e vero.
«Sono andata avanti per anni senza vederti, quasi senza conoscerti, e tu eri mio esattamente come adesso. Io, che sono abituata ad aspettarmi il peggio, non ho paura di perderti.
Puoi dimenticarmi, abbandonarmi, lasciarmi, sarai sempre e solo mio. Ti ho inventato io, amore mio. Sei molto più che il mio amante. Sei una mia creatura. E’ per questo che mi appartieni, quasi tuo malgrado».