Istigazione a delinquere. Questa l’accusa per cui lo scrittore italiano Erri de Luca verrà processato. Secondo il procuratore aggiunto Andrea Beconi si tratta di istigazione a delinquere poiché attraverso il mezzo stampa de Luca si è inserito in un periodo di irruzioni notturne al quartiere della Tav. La vicenda è partita da una frase, «La Tav va sabotata», pronunciata nel 2010, in un periodo “movimentato”. Frase che l’autore napoletano non si rimangia, e a cui attribuisce anzi un significato nobile: in quanto cittadino della Val di Susa, il suo diritto di esprimersi va rivendicato, non messo a tacere e strumentalizzato. Del resto, come sostiene lo scrittore, « Anche un ostruzionismo parlamentare è un sabotaggio rispetto a un disegno di legge. Ma quello che riconoscono a me, non lo riconoscono a Bossi o Berlusconi. Eppure io valgo per uno. Non ho un partito. Non ho una sezione in cui andare a sobillare. Non sono aderente a nulla. Io sono un cittadino della Val di Susa». Eppure secondo la procura la frase incriminata non avrebbe fatto altro che spingere la gente a compiere atti illeciti, poiché pronunciata da un personaggio noto, la cui influenza è rilevante.
Come reagire ad accuse del genere? È giusto incriminare la libertà di parola? Uno scrittore ha il dovere di difendere la propria opera, le proprie parole. Da parte del mondo della cultura diversi sono stati gli interventi a favore dello scrittore, non soltanto in territorio nazionale ma anche all’estero, ad esempio in Francia, dove ha ricevuto l’appoggio di diversi intellettuali.
Il processo del 28 gennaio 2015 si è concluso con un rinvio a giudizio, in data 18 marzo, a Torino.