«In nom de Jesu Criste e de sancta
Maria
Quest’ovra al so honor acomenzadha
Sia:
Ki vol odir cuintar parol de baronia,
Sì olza e sì intenda per soa cortesia»
Bonvesin de la Riva nacque a Milano nel 1240; fu doctor gramaticae a Legnano e poi a Milano, dedicandosi anche all’attività letteraria. Tra i primi componimenti, oltre al De quinquaginta curialitatibus, si segnalano le Expositiones Catonis. Appartenne all’Ordine degli Umiliati, partecipando all’amministrazione di varie opere di carità, di cui una eco è ravvisabile nel Vulgare de elymosinis; caratteristica di quest’ordine era infatti l’esaltazione della fratellanza sociale e dell’operosità. Tra gli anni 1303-1305 entrò a far parte del Collegio dei decani dell’Ospedale Nuovo. Bonvesin morì intorno al 1315; una testimonianza a favore di questa data è offerta da Matteo Visconti che, nell’esentare alcune istituzioni di carità dai dazi, parla di Bonvesin come se fosse morto già da tempo.
Le opere del poeta si presentano sia in latino sia in volgare milanese; i componimenti in latino a noi pervenuti sono tre: i Carmina de mensibus, un’opera in esametri sui mesi; il De vita scolastica, in distici elegiaci, ad eccezione degli otto miracula pro exemplo, in prosa; il De magnalibus urbis Mediolani (1288) esalta la grandezza raggiunta dalla città grazie alla laboriosità dei borghesi, contrapposti al ceto magnatizio.
Inoltre, l’autore tradusse opere francesi e latine, dedicandosi anche alla composizione di poemetti in volgare milanese; tra questi ricordiamo un manuale didascalico (De quinquaginta curialitatibus ad mensam), sulle “cortesie da desco”, ossia un galateo sulle norme da seguire a tavola. Gli altri componimenti in volgare, invece, erano destinati alla recitazione e al canto, come le Laudes de Virgine Maria.
Bonvesin si distinse in aggiunta per la composizione dei contrasti, un genere letterario in cui due entità differenti enunciano i propri meriti, gareggiando tra loro; tra questi citiamo: la Disputa dei mesi, la Disputa dell’anima col corpo e la celebre Disputa della rosa con la viola. Altrettanto notevole è il Libro delle tre scritture (1274) che, presentando una “visione” dei regni d’oltretomba, costituisce un precedente della Commedia dantesca. L’opera è infatti strutturata in tre parti: la Scrittura nera, in cui vi è la descrizione delle pene infernali, la Scrittura rossa, che narra la Passione di Cristo, e la Scrittura aurea, che illustra le bellezze del Paradiso.
L’elemento che accomuna queste opere è il fine didascalico, mirando all’edificazione di un pubblico non acculturato. Per questo motivo furono redatte in una forma semplice, di immediata comprensione; la loro diffusione doveva essere per lo più orale: da ciò deriverebbe l’impiego di uno stile formulare, capace di far presa sull’uditorio.
Bonvesin dimostra la propria maestria soprattutto nelle parti descrittive delle componimenti, rivelandosi una sorta di “decoratore”, soprattutto nella rappresentazione di paesaggi, che rimandano ai dipinti dell’epoca. Questo tratto è ravvisabile in particolare nella descrizione dei protagonisti di alcuni miracoli.