Una volta che saremo in territorio nemico, come guerriglieri in agguato alla macchia, faremo una cosa e una sola: uccidere i nazisti.
Nel panorama letterario della scrittura collaborativa l’Italia ha una posizione di tutto rispetto per sperimentazione e provocazione politica: nel 1929 i futuristi del «Gruppo dei Dieci», tra cui Filippo Tommaso Marinetti e Massimo Bontempelli, pubblicano il romanzo d’avventura fantapolitico «Lo zar non è morto»; nei primi anni Sessanta Italo Calvino collabora al gruppo sperimentale Oulipo insieme a Raymond Queneau, François Le Lionnais, Georges Perec ed altri.
In questo scenario, il primo «Grande Romanzo Aperto» di Scrittura Industriale Collettiva, In territorio nemico, colpisce innanzitutto per i numeri e per il metodo SIC: 115 autori che,interconnessi grazie alla rete, vengono organizzati secondo un modello a catena di suddivisione del lavoro. Una vera e propria industriale catena di montaggio.
Il romanzo racconta la Resistenza dall’8 Settembre del 1943 al 25 Aprile del 1945. Anni duri e faticosi. Anni di intenso e grande impegno politico e patriottico.
Si intrecciano le e vicende di tre personaggi: la storia collettiva. Matteo è un ufficiale della Regia
Marina che abbandona l’esercito e percorre l’Italia dal sud verso Milano dove vive la sorella Adele, sposa di Aldo. I due coniugi appartengono all’alta borghesia, ma le vicende storiche irrompono nelle loro vite e le separano. Aldo si rifugia in una casa isolata ed è sopraffatto da un vortice di terrore e ossessione. Adele abbandona la posizione di signora ed entra nelle fabbriche come operaia per poi vivere il ruolo di una partigiana attiva, pronta ad uccidere un fascista dopo l’altro.
Pubblicato da Minimum Fax nel 2013 (SIC, In territorio nemico, minimum fax, 2013, pp. 310) nel romanzo, le scene di lotta partigiana privilegiano il contesto urbano, in netto contrasto con buona parte della letteratura resistenziale e del ruolo non marginale che la donna ne ha assunto. Adele, è a un tempo una gappista, una combattente comunista post’69, ma anche una femminista e si trasforma in una combattente in senso stretto.
Gli autori hanno ridisegnato il paesaggio politico resistenziale restituendogli la sua disarmante pluralità: anarchici, gappisti, massoni, socialisti libertari, sottoproletari maneggioni, femministe staliniste, l’esperienze di autogoverno delle repubbliche partigiane e anche monarchici.
La Resistenza di questo romanzo è molteplice, a volte contradditoria, fatta di mille anime in contrasto tra loro.
Dietro alla sigla Scrittura Industriale Collettiva (SIC) che campeggia sulla copertina di Riccardo Falcinelli c’è un vero e proprio metodo ideato nel 2007 da Gregorio Magini e Vanni Santoni in cui tutti scrivono potenzialmente tutte le parti del romanzo. Coordinati da Magini e Santoni, circa 100 scrittori hanno infatti compilato a gruppi delle schede riguardanti ognuna un aspetto della produzione (un personaggio, un luogo, una scena, e così via). È stata così raccolta una grande quantità di materiale: personaggi presentati in diverse versioni, diverse possibilità di sviluppo della storia. A questo punto i coordinatori hanno selezionato gli spunti migliori e li hanno integrati coerentemente dando vita a schede definitive che hanno rappresentato il canovaccio sul quale è stata effettuata la stesura del romanzo.
L’effetto finale ricorda i grandi romanzi italiani degli anni ’50 e ’60, anche con l’uso tipico dei dialetti locali, che porta ad un libro squisitamente politico ma soprattutto ad un viaggio in un’Italia distrutta dalla guerra, ma forte del suo popolo, il popolo partigiano.