La zia Julia e lo scribacchino di Mario Vargas Llosa: giovane sogna Parigi
Scrivo. Scrivo che scrivo. Mentalmente mi vedo scrivere che scrivo e posso anche vedermi vedere che scrivo. Mi ricordo che già scrivevo e anche che mi vedo scrivere che scrivevo. E mi vedo che ricordo che mi vedo scrivere e mi ricordo che mi vedo ricordare che scrivevo e scrivo vedendomi scrivere che ricordo di avermi visto scrivere che mi vedevo scrivere che ricordavo di avermi visto scrivere che scrivevo. Posso anche immaginarmi che scrivo che già avevo scritto che mi sarei immaginato che scrivevo che avevo scritto che mi immaginavo che scrivevo che mi vedo scrivere che scrivo.
Su due strade accostate si inseguono e intrecciano le vite di due personaggi molto diversi: Mario, un aspirante scrittore innamorato della più anziana zia Julia, è calato nella Lima di metà anni Cinquanta e sogna ad occhi aperti una mansarda parigina. Il rovescio della medaglia è lo scribacchino Pedro Camacho, il produttivo scrittore di romanzi radiofonici, individuo originale ammirato e un po’ temuto. Le due facce della letteratura peruviana del tempo, si potrebbe dire, ma anche due modi completamente diversi di concepirla: Mario scrive arrancando sui grandi classici, Pedro sforna storie immune da fatica senza aver letto un libro in vita sua.
I capitoli dispari raccontano dell’inconsueta storia d’amore tra il giovane e la zia, innamoratissimi e incuranti del giudizio altrui, sono alle prese con un matrimonio impraticabile; quelli pari riportano degli stralci dei melodrammi radiofonici di Pedro, che si intrecciano fra loro e mostrare delle grosse incongruenze. La sua incessante attività lo porta a incrociare assurdamente i racconti in un incoerente calderone di storie che i suoi ascoltatori non riescono più a seguire. Il declino e la regressione del geniale scrittore verranno poi documentati da Mario, che per caso incontrerà l’ometto nella redazione di un giornale di bassa levatura, trovandolo incapace di scrivere le vicende brillanti che avevano incollato i radioascoltatori all’apparecchio.
Mario ricalca la figura dell’autore, ed è già la dedica in prima pagina “a Julia”, a suggerire un paralellismo con la sua vita. Ulteriori indizi portano su questa strada, ma senza dare importanza alla veridicità dei fatti: Vargas Llosa plasma la realtà e la ricrea a suo piacimento. Si concentra sull’incontro degli innamorati e sul matrimonio celebrato con la disapprovazione dei parenti, tralasciando completamente le motivazioni del divorzio e liquidando con poche righe tutto ciò che accade a posteriori. Nel finale frettoloso sta il difetto strutturale di questo romanzo leggero e ben scritto: tutto si risolve troppo velocemente dopo che la curiosità è stata incoraggiata da una prosa mutevole e originale.
Nel ripercorre l’intero romanzo si incontra una critica velata al mondo della letteratura latino americana e al disinteresse generale che abbracciava il contesto. Pedro Camacho sembrerebbe lo scrittore ideale, un po’ sopra le righe, che dedica ogni singolo momento della sua esistenza all’arte della scrittura.