La processione dei letterati s’avanzava lentamente. L’aria era carica del più cupo umore delle immani tragedie. Qualche passo, due o tre parole, interrompevano un silenzio snervante. “Mi dispiace, Generale!” era tutto ciò che riuscivano a dire, una volta giunti davanti a lui. Pavese, Kafka, Murakami e gli altri. Tutti i maestri del mio corso erano lì. Quasi tutti. Mancava Melville, come al solito! Sui loro volti pietà, rassegnazione e sensi di colpa vi si leggevano.
Nella mattinata era venuto un funzionario statale. “Secondo l’art. tot comma tot della legge n. tot”- aveva detto- “meglio conosciuta come legge delle storie, chiunque sia in possesso presso il proprio domicilio di un foglio bianco deve provvedere a registrarlo immediatamente presso il Ministero dei Beni letterari, pena la reclusione di anni 8 e riempirlo entro e non oltre la data di scadenza, la quale viene fissata entro il termine di 18 mesi dall’avvenuta registrazione. Decorso il termine, un funzionario del Ministero provvederà a conservare l’opera presso il Registro dei Beni letterari qualora riscontri l’avvenuta trascrizione di una storia degna di questo nome, ovvero provvederà a distruggere il foglio con le proprie mani in caso contrario e, naturalmente, nel caso il suddetto foglio resti ancora immacolato. Ecco, vi ho detto quanto dovevo. La legge non ammette ignoranza, ma il nostro Presidente non la permette, ecco perché sono qua. Allora, come sapete il termine per voi scade domani, ci vediamo intorno alle 10. Mi raccomando”- disse rivolgendomi una strizzatina d’ occhi- “dipende tutto da lei…”
Ero in uno stato tale di prostrazione che guardavo fisso davanti a me in uno stato di totale assenza. La colpa era soltanto mia, in un anno e mezzo non avevo scritto nemmeno un rigo su quel foglio. Neanche la più piccola idea avevo avuto. Mi facevo pena. I letterati più illustri si erano scomodati per me. Ma senza successo. D’un tratto fui colpito dall’ultimo uomo di quella fila. Era John Fante, il maestro dell’ultima lezione. Sembrava, a differenza degli altri, affettare un’espressione malinconica e compassionevole. In realtà non lo era affatto, si capiva benissimo. Addirittura, in alcune frazioni di secondo, riuscii a notare un sorrisetto di piacere malcelato. Ah, il potere della falsità, cosa non può fare, se quel pomeriggio era riuscito a svegliare anche un morto come me!
La lezione avrebbe dovuto svolgersi dopo un paio d’ore, dico avrebbe dovuto perché si capisce da sé che ormai era una cosa alquanto inutile. Ma ero curioso, volevo vederci più chiaro in quella storia. E fu così che dissi a John Fante di voler assistere alla sua lezione. L’ultima. Lui, è vero, rimase sì meravigliato, ma non si tirò indietro.
“ Il significato di un testo”- cominciò- “ è compreso totalmente se esso viene esaminato in modo coordinato in tutti gli aspetti con cui si articola. Proprio perché una delle finalità dello studio letterario è la comprensione globale di un testo, spesso si allarga l’indagine al macromondo storico-culturale in cui un’opera nasce e si sviluppa, si realizza cioè un criterio di contestualizzazione. Questa non è altro che la ricerca delle possibili relazioni esistenti fra un autore ed il suo tempo, con le interazioni reciproche. E’ contestualizzazione peraltro, anche considerare un’opera in rapporto alla stessa produzione di un autore. Un primo aspetto da considerare è il contesto letterario. Esso offre l’opportunità di scoprire le correlazioni fra un autore ed i movimenti letterari, a cui ha preferibilmente attinto e dai quali è stato in qualche modo influenzato. Un altro tipo di contesto a cui è necessario far richiamo è quello linguistico. Ogni epoca infatti predilige espressioni, strutture, cadenze morfosintattiche con cui un singolo autore deve pur fare i conti, benché ciascuno proponga ed attui soluzioni linguistiche originali e scelte stilistiche particolari.
La comprensione di un testo è in relazione evidentemente anche con la cultura ed il momento storico in cui il testo è stato concepito e prodotto, cioè con il suo contesto storico-culturale. Un testo narrativo è inoltre frutto di una fitta rete di relazioni fra l’autore ed il contesto socio-economico in cui egli opera. L’autore può assumere infatti posizioni che vanno dalla totale accettazione al totale rifiuto delle linee sociali ed economiche tipiche della sua epoca, di fronte alla quale egli si pone comunque in atteggiamento critico. Ad integrazione poi di tutte queste conoscenze acquisite è proponibile anche un itinerario che ricostruisca la biografia dello scrittore, inserito globalmente nella realtà del suo tempo e nel contesto intellettuale-ideologico. Molto utile quindi è la comprensione dell’ideologia, che va individuata giustamente e analizzata dentro la struttura dell’opera letteraria dello scrittore.”
Fante si fermò. Io non avevo ascoltato una sola parola, occupato com’ero ad osservarlo attentamente. Lo guardavo e intanto pensavo. Perché mai non si era unito alla naturale solidarietà dei suoi colleghi per la sorte del Generale Foglio Bianco? Cosa c’era sotto? Un vantaggio o semplicemente del sadismo? Ero curioso come non lo ero mai stato prima e mi stupivo di me stesso. Pensai così di soddisfare subito quella curiosità. Perché non chiederlo direttamente a lui? Ce l’avevo lì! Ma inspiegabilmente qualcosa mi bloccava, era come se quella faccenda fosse di mia proprietà, non volevo che quel dubbio si sciogliesse al di fuori da me. Per una volta non era importante la realtà, era importante la possibilità. Ero totalmente soggiogato dal suo fascino. E da quel mistero prezioso, che non volevo sciupare. Allora capii, era davvero giunto il mio momento. La mia immaginazione, fino ad allora in uno stato di completa catalessi, aveva trovato gli stimoli giusti, la mente aveva finalmente ingranato la marcia, così che cominciarono a lavorare. Giunse l’attimo in cui quella storia ce l’avevo tutta in testa, dovevo soltanto scriverla. Ed ero sicuro che andasse bene. Con un misto di smania, eccitazione e incredulità chiamai il Generale Foglio Bianco. Seguì una scena commovente che non sto qui a riferirvi. Vi dico soltanto che lo stesi sulla scrivania e gli dissi, ah pardon, gli scrissi in faccia tutto quello che avevo da dire. Il Generale si era salvato, si era salvato in extremis. Per un sorriso.
FINE