Prima di essere un popolo di navigatori, scienziati e pensatori, gli italiani sono innanzitutto cuochi. Amanti della buona cucina, quasi tutti ottime forchette, possono imbandire un discorso sull’arte di cucinare, condire, spadellare, impiattare, saltare, mantecare, grattugiare e infornare. Dove altri fanno chiacchiere di circostanza sul tempo che fa e sulle stagioni che non ci sono più, nel Bel Paese si parla spessissimo di abbinamenti culinari, ricette da sperimentare, ristoranti e trattorie da visitare, banchetti, pic-nic e cene da organizzare. La pancia, innanzitutto!
A dar spunti di conversazioni gastronomiche ci pensano, già da qualche anno, le decine di programmi TV, spuntati come funghi su tutte le reti, sulla buona cucina della tradizione e non solo. Inutile elencarli tutti, li conosciamo abbastanza bene. Facendo zapping nel tardo pomeriggio o di sera, come pure la mattina a colazione, c’è sempre chi soffrigge di là e emulsiona di qua.
Un’analisi di questo fenomeno è contenuta nel testo di Nicolò Gallio e Marta Martina, Lo spettacolo del cibo: i cooking show della televisione italiana. Un excursus gastronomico e sociale interessante su come la TV abbia in qualche modo influenzato la tradizione culinaria italiana delle nostre cucine. Dagli anni Sessanta fino ad oggi, il moltiplicarsi di trasmissioni TV con la cucina che fa da protagonista, ha non solo modificato palinsesti, ma anche il gusto degli italiani in fatto di intingoli, portate principali e sperimentazioni culinarie.
Il motivo di tanto successo e seguito? Non tanto facile a dirsi. Certo c’è un folto pubblico di casalinghe e madri di famiglia che fra un minestrone e una pastasciutta decidono di provare i menu di Benedetta o quelli dell’Antonella nazionale. Come pure giovani pronti ad avventurarsi con le loro papille alla ricerca di gusti esotici e lontani dalla tradizione italiana.
Di certo c’è la tendenza fra un pubblico sempre più numeroso a riscoprire odori e sapori, o a trovarne di nuovi, prima con gli occhi e poi con le mani e la bocca. Il gusto di guardar preparare un piatto è immediatamente precedente a quello di assaggiarlo. Attraverso gli occhi si provano abbinamenti di colori prima che di sapori. Vapori e schizzi preludono l’assaggio e la prova.
La bravura degli chef è senza dubbio un fattore determinante, come pure la semplicità e la genuinità di istruzioni e accorgimenti che i cuochi elargiscono abbondantemente. Dal guardare al fare lo scatto ad impugnare un mestolo o aprire il frigo è breve.
Questi programmi TV, c’è da dirlo, anche se sono mal sopportati da chi di cucinare non ne ha voglia, e anche da chi non è cresciuto con la cultura della preparazione del cibo come rito lento e famigliare, ripercorrono comunque un itinerario dell’evoluzione gastronomica e del nostro stesso rapporto col cibo.