La storia della letteratura religiosa non è esente da grandi opere. Tutt’altro. Nel corso dei secoli l’anelito spirituale verso la divinità è stato il motore propulsore per la creazione di opere artistiche che hanno lasciato il segno; tra versi e prosa, piccole raccolte e grandi opere, questa letteratura si è imposta con fermezza, e in particolare nel Medioevo, quando la religiosità era vissuta non solo con intensità e passione, ma come un aspetto fondamentale della vita dell’uomo – una concezione che probabilmente oggi non possiamo capire in pieno.
Ed è al tramonto del mondo medioevale che nasce il De imitazione Christi (o Imitatio Christi), capolavoro assoluto che ha conosciuto una fortuna più unica che rara: dopo la Bibbia, infatti, è il testo religioso più diffuso di tutta la letteratura cristiana occidentale.
Scritto in lingua latina, l’Imitazione di Cristo è avvolto da una nebulosa di punti interrogativi circa il periodo di composizione e l’autore. Se il testo appare nel primo quarto del XV secolo e dunque risulta plausibile una composizione di poco precedente, più dubbi che certezze ha sollevato il dibattito critico-filologico sull’attribuzione. Oggi sono tre i nomi più accreditati: Jean Gerson, Giovanni Gersen e Tommaso da Kempis. Altre ipotesi attribuiscono l’opera (giunta in forma anonima) all’ambiente monastico certosino o a quello della devotio moderna.
Il libro è considerato un punto di riferimento della spiritualità cristiana, non solo per i monaci – per cui è stato concepito – ma anche e soprattutto per generazioni di laici e credenti, che ne hanno fatto un vero e proprio manuale di formazione nell’avvicinamento a Cristo. La lettura dell’opera è un viaggio dell’anima, un cammino a tappe che propone un modello di vita ascetico, anti-intellettualistico, tutto volto alla ricerca di Dio.
Il titolo è ricavato dal primo capitolo del primo libro, “De imitatione Christi et contemptu omnium vanitatum mundi”, che pone l’accento sulla vacuità dei beni materiali e sul valore della meditazione. I tre libri successivi forniscono dei precetti per una vita realmente cristiana, fondata sui valori della spiritualità e sulla necessità della sofferenza; sul finire dell’opera, il testo assume la forma di un dialogo mistico con Cristo finalizzato alla costruzione definitiva dell’ “uomo nuovo”.
Sic transit gloria mundi
“Così passa la gloria del mondo”. Tra le tante massime del De imitazione Christi, questa è certamente una delle più celebri. Così incisiva da non aggiungere nessun commento.