«Son veramente i sogni
De le nostre speranze,
Più che de l’avvenir, vane sembianze;
Imagini del dì guaste e corrotte
Da l’ombra de la notte»
Battista Guarini nacque a Ferrara il 10 dicembre 1538 all’interno di una famiglia che annoverava tra i suoi antenati Guarino Veronese. A Padova studiò Legge e conobbe Tasso, con cui ebbe un complesso rapporto di amicizia e rivalità. Tornato a Ferrara, nel 1557 ottenne l’incarico di professore di retorica e poetica presso l’Archiginnasio. In seguito, legatosi all’ambiente della corte estense passò alle dipendenze di Alfonso II d’Este, rivestendo gli incarichi di poeta di corte, ambasciatore e segretario. La rinomanza di Guarini si consolidò nel 1567, quando il suo corpus di Rime venne accolto nella silloge dei membri dell’accademia patavina degli Eterei, di cui faceva parte il poeta stesso.
Lasciata la corte per dedicarsi alla composizione della favola pastorale il Pastor Fido, Guarini vi fece ritorno nel 1585; tuttavia, tre anni più tardi abbandonò definitivamente Ferrara e ricevette accoglienza presso le corti di altri signori italiani a Torino, Mantova e Urbino. Nel 1594 pubblicò il dialogo Il segretario, nel quale si tratta dell’ufficio del segretario e del modo di compor lettere, mentre nel 1598 scrisse un volume di Rime, l’Idropica, commedia su modello ariostesco, e il Trattato della pubblica libertà, rimasto inedito fino al 1818. Soggiornò anche a Firenze e a Roma; in seguito si trasferì a Venezia, dove morì il 7 ottobre 1612.
La fama del poeta è però legata alla favola pastorale già menzionata, il Pastor Fido; iniziata nel 1580, l’opera venne pubblicata nel1589 e successivamente rappresentata a Mantova. Guarini dedicò un decennio alla composizione del Pastor Fido e, pur avendo come modello l’Aminta tassesca, operò alcune innovazioni. L’intreccio si basa infatti sulla concatenazione di tre storie sentimentali, elemento di novità rispetto alla tipica trama della favola pastorale, costituita da un’unica vicenda. L’innovazione più considerevole consiste però nell’unione di elementi caratteristici del genere pastorale con altri attinti dalla tragedia e dalla commedia, tanto che per quest’opera il poeta stesso coniò la definizione di “tragicommedia”. Ciò che ne deriva è la rappresentazione di alti sentimenti all’interno di una cornice bucolica, in cui non manca la spregiudicatezza di alcuni personaggi. Questa mescolanza è naturalmente riflessa anche nel linguaggio, costituito da toni lirici, ma anche comici e bassi. L’unione di elementi così diversi provocò le critiche degli aristotelici, che vedevano messo in discussione il principio di separazione degli stili, tanto che Guarini fu costretto a difendersi da quest’accusa nel Compendio della poesia tragicomica (1601). Secondo alcuni studiosi, inoltre, il Pastor Fido trasmette un messaggio tipicamente controriformistico, esaltando l’ideale matrimoniale a discapito di una morale edonistica.