Deve trovare tre cose, una persona, appena sveglia. Altrimenti c’è qualcosa che non va. Guardate, io non so cosa avete in mente voi, ma non parlerò certo di sigarette, caffè o cornetti, oggi. Non ne sarei all’altezza. Dunque, dicevamo. Perché una persona possa ritrovarsi interamente dopo avere attraversato, come dice molto bene Stefano Benni, quella parete così sottile che ci separa dai sogni, che è poi un “aprirsi d’occhi, un battito di ciglia, meno di un istante”, deve avere sottomano la memoria, l’intuizione e il desiderio.
Ora, come scrive Luciano De Crescenzo, non esiste il passato, o meglio, non esiste più, ma esiste solo il presente del passato, che poi si chiama memoria. Così anche il futuro non esiste ancora, ma solo il presente del futuro, che sarebbe poi la speranza o il desiderio. L’unico ad avere qualche probabilità di esistere- dice ancora De Crescenzo- potrebbe essere il presente del presente e cioè l’intuizione.
Ma torniamo a quella persona, al suo risveglio. In condizioni normali, aperti gli occhi, dopo pochi istanti, i ricordi, tutto quello che sa esserle appartenuto, ricompare. Puntualmente, ciò che è già stato e non è più, ritorna ad essere. Ed è questo il punto di partenza, il necessario avvio per l’intuizione del presente. Come dire: sono questo, adesso, perché sono stato quello, allora. Scrive Proust: “…quando mi svegliavo…, ignorando dove mi trovavo, non sapevo sul momento nemmeno chi fossi; avevo solamente, nella sua primitiva semplicità, il senso dell’esistenza, come può fremere nel fondo di un animale; ero più spoglio dell’uomo delle caverne; ma allora il ricordo… veniva a me come un aiuto dall’alto, per trarmi dal nulla donde non sarei potuto uscire da solo; passavo in un momento sopra secoli di civiltà, e le immagini confusamente intraviste di lampade a petrolio, poi di camicie col colletto rivoltato, ricomponevano a poco a poco i tratti originali del mio io”. E’ l’affascinante ricostituzione della nostra identità, quella alla quale assistiamo indifferenti ogni mattina. Ma, ritrovato il nostro io, o meglio, quella sua superficie che conosciamo, non andremmo molto lontani, senza un desiderio. Per questo non basta la normalità, non basta essere sani. Ci vuole qualcosa di più. Una spinta, un moto dell’anima, una forza che ribolle, che scalpita, che ruggisce, ecco, questo ci vuole! E poi una costanza, soprattutto. Una costanza che non fa cambiare obiettivo, perché sennò è finita. Si deve ricominciare da capo, sennò, rifabbricare un’altra forza, un’altra volontà. Il vero desiderio non ammette dubbi. Chi ce l’ha, chi ha questa grande fortuna, deve assecondarlo, rigare dritto e non farsi molte domande. E’ tardi, il futuro sta aspettando.