Intellettuale, scrittore, giornalista e politico: Leonardo Sciascia è stato questo e molto di più. La sua letteratura tende sempre a cercare un barlume di razionalità tutta illuministica in una realtà che si manifesta intricata ed oscura, e la sua scrittura si pone nello stesso tempo come confronto con il mondo oggettivo e come esercizio di una ragione laica che sogna una vita della comunità civile improntata su libertà e razionalità.
Una delle sue opere più famose, probabilmente la più discussa insieme a Il giorno della civetta, è Il contesto (l’anno di uscita è il 1971). Da ciò che l’autore afferma nella Nota conclusiva, il racconto fu concepito come divertissement letterario, per poi diventare via via un qualcosa di estremamente serio. Il sottotitolo “Una parodia” è spiegato da Sciascia stesso come travestimento comico di un’opera seria.
In un Paese di cui l’autore non cita mai il nome, ma che rimanda esplicitamente all’Italia contemporanea, viene ucciso il procuratore Varga, e nel giro di pochi giorni trovano la morte altri quattro magistrati (da notare che l’avvenimento narrato trae spunto da un fatto di cronaca). Ad occuparsi della delicata indagine è l’ispettore Rogas, che si trova così a seguire le trame e le complicità che legano i poteri statali, gli interessi privati e i sedicenti “gruppuscoli” rivoluzionari.
L’ispettore – persona colta, di sani principi, onesto e con un forte senso della giustizia – sembra aver trovato la pista giusta da seguire, ma la “ragion di stato” e quella di “partito” impediscono che si faccia luce su quanto accaduto. I poteri forti lo spingono, dunque, a spostare le indagini su un altro binario: il filone narrativo cambia, perchè ai fatti di cronaca nera si vanno sostituendo intrichi politici sempre più fitti. È un groviglio nel quale Rogas finisce per trovarsi invischiato e senza via d’uscita.
Ed è nel finale del romanzo che il protagonista trova la morte in circostanze sospette. Venuto a conoscenza di un terribile complotto, decide di informare Amar, segretario generale del Partito Rivoluzionario Internazionale; ma – nel posto dove si erano dati appuntamento – vengono trovati i cadaveri dei due. Cusan, l’amico progressista di Rogas, apprenderà poi che è stato l’ispettore stesso ad aver ucciso Amar prima di essere ucciso da un agente.
I misteri del romanzo vengono volutamente lasciati in sospeso, mai chiariti fino in fondo: è la situazione – confusa, contraddittoria e oscura – dell’Italia a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta. Nel Partito Rivoluzionario Italiano si riconosce senza fatica il Partito Comunista Italiano (che Sciascia lasciò tra mille polemiche) e nel partito di governo la Democrazia Cristiana, mentre i gruppuscoli ripropongono le azioni dei movimenti violenti degli anni Settanta.
Il contesto è denuncia: con spregiudicatezza e disillusione, l’autore traccia un quadro fosco di un sistema perverso e corrotto, fatto di ambiguità e sottili giochi di potere. Un quadro che sembra incredibilmente prefigurare tanti tragici eventi che sarebbero accaduti di lì a qualche anno.