“Allora, ce l’hai una storia?”
“Ce l’avevo e filava tutto liscio. Poi un giorno, chissà perché, mi ha piantato.”
Il Generale Foglio Bianco diventò paonazzo, sentii la sua voce scalare altezze tibetane e quella parola dirigersi verso di me, in pieno volto, carica come non mai. Carica di un senso che avevo sempre sottovalutato, forse perché ascoltata infinite volte in bocca a ingenue ragazzine, ma mai in quella di un foglio bianco incavolato.
“CRETINOOOOOOOOOOOOOOO!!! Sei solo un CRETINOOOOOOOOOOO!!!”
Ne aveva di ragioni per esserlo, incavolato, anzi in verità confluivano tutte in una, ed era evidente. Più che evidente. Questo benedetto corso stava ormai per finire, mancava davvero pochissimo. E io non solo non avevo scritto una storia, ma nemmeno una parola su quel foglio. Lui, invece, da Generale Foglio Bianco quale era, mi aveva affidato il suo esercito, il suo esercito di letterati. Al mio servizio, tutti. Io non ero un ingrato, ero solo distratto. Cercai di calmarlo, ma era un’esasperazione del tipo “non ci provare”, quella che per placarsi voleva i fatti e non le scuse.
In ogni caso, mal celando nervosismo, ma in compenso armandosi di santa pazienza, il Generale tornò a chiedermi: “Mettiamola così: ce l’hai qualcosa da dire?”
Ora, le domande dirette, così dirette, a me non sono mai piaciute. Non te la puoi cavare con una battuta e forse prima, anche inconsciamente, l’avevo fatto. Fosse stato almeno un sogno questo, mi sarei svegliato togliendomi d’impaccio, ma non era un sogno. Dovevo pensarci. Non adesso. Aprii il manuale:
“In molti testi narrativi il lettore può osservare una tendenza a trattare argomenti o in modo lento oppure veloce, in relazione agli intenti del narratore. Ad esempio, mentre nella produzione ottocentesca il tempo è computato nell’ordine convenzionale (anni, mesi, giorni), nella narrativa novecentesca predomina una concezione soggettiva dello scorrere del tempo, che a volte è dilatato o ridotto in modo accentuato. In essa si assiste, inoltre, ad una graduale dissoluzione della trama lineare dei fatti, alcuni dei quali sono spesso compresenti nella coscienza dei personaggi, proprio per la supremazia delle analisi memoriali.
Le accelerazioni o i rallentamenti del racconto creano il cosiddetto ritmo narrativo. Per comprendere meglio, possiamo affermare che un’opera letteraria ha un ritmo narrativo lento se in essa prevalgono fasi descrittive, analitiche o riflessive; al contrario uno scrittore imprime un ritmo veloce con l’uso frequente del sommario e dell’ellissi. Il ritmo narrativo poi è normale con la presenza di scene e di dialoghi. In questo caso il rapporto tra il tempo del racconto e il tempo della storia ( che poi sarebbe proprio il ritmo narrativo) è uguale.”